PROLOGO OTTOBRE
C’ERA UNA VOLTA
E ora non più. Il campetto di periferia… Non c’era paese che non l’avesse. Abusivo e mal tollerato, il “pistino” era una palestra d’apprendimento, era la via per scoprire un mondo nuovo, era lo svezzamento.
Ci ritrovavi piloti, mezzi piloti o presunti tali, e con loro imparavi.
Quelli “veri” guidavano moto da cross col numero, portavano il casco adesivato, e in quel contesto si ritrovavano per allenarsi.
Erano anni in cui si ambiva alla tabella numero uno…
Per tutti quelli che non godevano della stessa fortuna, la pista era comunque un modo per sentirsi parte del sistema. Era la maniera per cominciare, per provarci. Bastava un ciclomotore a pedali, un mezzo posticcio e allora si poteva dire: “Anche io faccio cross”.
C’era una volta ed ora non più, le moto da 10 cavalli. Quelle che quando iniziavi una salita non sapevi se il cambio di marcia ti portava fi no in cima. Il cinquantino, soglia minima per entrare nel campo da cross permanente. La piccola cilindrata per sognare la grande: la mezzo litro, la moto per defi nizione. Quella che se l’avviavi senza stivali battezzavi lo stinco, quella che mammamia come vibrava, quella che poteva andare fortissimo ma non ci andavi per quei telai ridicoli e per le sospensioni da mountain bike…
C’era una volta ed ora non più, le piste bucate, quelle che venivano livellate solo alla vigilia di una gara e perlopiù nel piazzale di partenza. Quelle dove comunque andavi piano anche se sapevi andar forte.
Indietro non si torna. E ci mancherebbe. Però credo che dimenticare quel che siamo stati sia un grave errore. Ci si divertiva con una manciata di cavalli, i campioni erano tali a prescindere da ciclistiche e motori. Si guidava in piste dove un anno dopo l’altro ci ritrovavi la stessa buca, si usavano moto senza freni e con sospensioni improbabili. Benvenuti nell’era pioneristica della vera approssimazione.
Sicurezza? Allora se ne parlava poco.
Il Motocross moderno non può essere paragonato a quei tempi. Mi chiedo però se non sia necessario mettere un freno ad un processo evolutivo che ha perso di vista l’obiettivo.
EDOARDO PACINI
Direttore Responsabile