Time Machine: Husqvarna Jacky Martens
di Edoardo Pacini
Una moto grande o una grande moto? Tutte e due le cose insieme.
Tema ricorrente: Martens e la sua Husky 630.
MOTOCROSS di Febbraio dedica ampio spazio all’articolo che celebra il titolo che Jacky Martens ha conquistato in sella ad una Husqvarna 630. Quello del belga fu un traguardo storico perché di fatto interruppe l’egemonia delle moto a due tempi in quello che allora era definito come il Campionato del Mondo della massima cilindrata. All’indomani del successo che proiettò Martens in vetta alla classifica generale, ebbi modo di provare la sua moto nel circuito di Faenza. A quel tempo toccava a me…mettere il casco in testa. Il ricordo di quel test è piuttosto vivo nonostante i quasi trent’anni di distanza. D’altra parte credo che quella sia la moto più potente che abbia mai guidato nei miei 25 anni di prove fatte per il giornale.
La ricordo come una moto ingombrante, per certi aspetti eccessiva, una moto che necessitava spazi diversi, per quel manubrio, l’altezza sella, le grosse manopole che a fatica annullavano le vibrazioni. Difficile sentirsi a casa, era un “pullman” velocissimo nel dritto e più complicato da manovrare nello stretto. Un oggetto alla cui diversità era complicato abituarsi. La ripenso come una somma di fatti compiuti, una moto performante, unica nel suo genere perché fatta a misura d’uomo. Il valore aggiunto era rappresentato da un motore capace di produrre valori di potenza imbarazzanti.Ieri come oggi? No, nella maniera più assoluta. Da diversi anni, i costruttori affrontano il mercato proponendo la stessa moto che viene poi adattata all’impiego ultimo a cui è destinata. Una 450 per due: il campionato supercross e il mondiale MXGP.
Ripenso alla 630 dell’amico Jacky. E sorrido quindi all’idea che potesse essere utilizzata negli spazi angusti di Houston o Indianapolis.
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