Midweek: In viaggio con i fenomeni
di Edoardo Pacini
Il Supercross di oggi vive quasi esclusivamente nel presente. Basta una finale per cancellare l’altra. Del resto in una settimana si arriva a correre anche tre volte. C’è parecchia cronaca per riuscire ad avere memoria. C’è tanto equilibrio. C’è un’omogeneità di rendimento che fa pensare che forse non ci sono fenomeni. Non bisogna confondere la bravura, la qualità, con la completezza del carisma. Questa è cosa rara.
Ho visto correre i due piloti più forti di sempre da che il Supercross è spinto da motori a quattro tempi. Ricky Carmichael e James Stewart: due alieni, un carico di classe condivisa che travalica il confine dell’SX. Reed, Villopoto e Dungey, quelli che sono venuti dopo, hanno degnamente tenuto il campo, ma quei due restano un’altra cosa.
Il potere evocativo del Camping World Stadium mi riporta indietro di una quindicina d’anni. Orlando chiama Orlando… Quel giorno io c’ero. L’ultima volta di Ricky Carmichael, l’ultima sfida epica con James Stewart, l’ultimo Supercross nel centro della Florida… io seduto in tribuna in un’insolita notte gelida. Se non lo avete già fatto, riguardate quel main event, lo trovate in rete. Il confronto con la corsa dello scorso sabato a me è venuto naturale. Stesso stadio, tracciato dall’identico sviluppo, diversa consistenza del terreno perché nel 2007 non aveva piovuto prima della gara.
Del tributo a Ricky Carmichael e della cerimonia che ha preceduto il main event vi parlerò in una nuova occasione. Mi limito a mettere l’accento sui venti giri più belli che abbia mai visto in uno stadio americano. Ci sono notti che non si limitano ad emozionare. Sono le notti che fanno la storia. Carmichael e Stewart li ho visti esasperare la perfezione del particolare ripetendo nozioni e movimenti come martelli. Il supercross con loro era un’esattezza coinvolgente. Troppa la differenza di peso e prestazioni tra loro e chi dopo di loro è arrivato. Oggi vedo un gruppo “morbido” e troppo omogeneo che guida macchine di lusso. Carmichael e Stewart erano elementi di rottura, piloti fuori contesto che guidavano 450 velenose, cattive, ignoranti, molto diverse rispetto a quelle d’oggi.
La forza fisica e l’istinto animale dell’uno; il senso ludico, i colpi geniali non solo utili ma divertenti dell’altro. Nel mezzo, un grande rispetto. .
Questi i nostri contatti, FOLLOW US ON
(Image courtesy S.Cudby – Guy B)