A scuola da Robert
di Martino Bianchi
Credo fosse marzo o aprile 1979. Avevo letto su Motocross che Joel Robert aveva iniziato a collaboraere con la Federazione Motociclistica Italiana per effettuare dei corsi di motocross a Polcanto che in quegli anni stava diventando il centro federale. Fautore di tutto questo era Bruno Comanducci.
Polcanto non era ancora quella di oggi. C’era la pista, che ho trovato invariata quando nel 2013 presi il mio diploma di istruttore federale, ma non c’erano le attuali infrastrutture. Fresco ventenne, non volli assolutamente perdere quell’occasione e partii da Milano con macchina e carrello con sopra una KTM 250 praticamente nuova e una KTM 490 comprata usata da Pietro Miccheli. Volevo essere sicuro di non rimanere a piedi… visto che il corso durava solo tre giorni e oltretutto il meteo prevedeva pioggia. Mi trovai con un simpatico compagno di camera con cui sono ancora in contatto. Si tratta di Massimo Camanzi Ferrarese (oggi praticante) con cui ho condiviso una stanza che era più simile a una stamberga ricavata nel pollaio adiacente all’edificio centrale. Eravamo una quindicina di allievi e tutti ansiosi di conoscere il coriaceo campione belga. Joel non aveva ancora 36 anni, da tre stagioni lontano dall’attività agonistica che gli aveva fruttato 6 titoli mondiali e 50 vittorie di GP. Joel apparve il primo giorno in palestra, mentre stavamo facendo riscaldamento.
Non so perché, ma mi sembrava più anziano di quello che era. Sarà stata la stazza possente, la pancetta mal nascosta dalla maglia azzurra SWM, ma ripensandolo ora non aveva proprio il “phisic du role”. Eppure malgrado la struttura un po’ alla “Obelix”, Joel ci ha subito fatto vedere in palestra le sue doti di grande forza ma soprattutto di innata elasticità. Ci diceva con un italiano maccheronico: “L’elasticità per un pilota di motocross è fondamentale! Allenatevi ad essere elastici. Va bene i pesi, che io praticamente non ho mai fatto… ma si deve mantenere un fisico molto elastico e reattivo. E andate tanto in moto. Quello è basilare”. Il primo giorno non abbiamo girato. Troppa acqua. Abbiamo apprezzato Joel. Davanti a un bicchiere di birra ci raccontò dei suoi esordi e delle prime vittorie. Sempre sorridente e con quel misto francese ed italiano. In moto il secondo giorno in un mare di fango ci fece fare tanti esercizi. Primo tra tutti lo slalom tra i paletti stando in piedi sulle pedane. Ci tolse anche la sella per quasi tutta la giornata.
L’ultimo giorno uno sprazzo di sole fece asciugare parte della pista, e potemmo vedere finalmente Joel in azione. Credo usasse una SWM 347 (casa con cui aveva siglato un accordo di collaborazione e per la quale era diventato importatore per il Belgio).
Aveva ancora una grande confidenza con la moto. Le faceva fare tutto quello che voleva malgrado il terreno fosse molto bagnato. Mi ricordo bene come la impennava, saltando pozzanghere e ostacoli e trovando le traiettorie migliori per essere veloce. Joel ci ha offerto anche numeri funambolici per allora, guidando con una sola mano all’uscita dalle curve in impennata. Aveva un gran controllo. Poteva curvare dove voleva, con o senza appoggio. Ci diceva: “Usate le gambe per guidare la moto. Le gambe sono tutto”. Le ginocchia non lo sorreggevano come avrebbe voluto. Le ginocchia usurate che non volle mai operare e quel fisico troppo possente da sorreggere lo costrinsero a un ritiro ancora troppo giovane dalle corse. Per qualche anno continuò a istruire i giovani in virtù di un accordo con la FMI. Ma fu anche “testimonial” di SWM prima di diventare manager per una decina d’anni del Team Belga al MXDN.
Joel nei miei ricordi: l’essenza del motocross anni ’60. Un gigante del motocross.
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(Image courtesy agmotocross)