E le ghette che non trovo…
di Martino Bianchi
Mi sono venute in mente quando gli ho fatto gli auguri per il suo 60° compleanno. Le ho cercate ma non le trovo. In mezzo a tante maglie, pass di gare, ricordi, niente, non ci sono. Le ghette di Johnny O’Mara devo averle date a qualcuno ma non ricordo a chi! Eppure per me valevano tanto. Un ricordo indelebile nella mia mente anche se sono passati quasi 40 anni.
La mia grande passione per il pilota californiano cominciò il 5 giugno del 1982, quando si presentò come un extraterrestre alla sesta prova del campionato del mondo di motocross classe 125 che si disputò in Svizzera sul tracciato non permanente di Frauenfeld nei pressi di Zurigo, la stessa località che ha visto ospitare qualche mondiale di recente ma dislocato sulle colline del piccolo paese transalpino e non nel parcheggio del zuccherificio.
Io ero alla mia prima stagione da inviato e fotoreporter “fisso” sul mondiale 125, quello che interessava a noi italiani per la presenza di tanti nostri piloti e dell’ industria nazionale rappresentata alla grande da Gilera, Cagiva, TGM, Aprilia e TM. Johnny aveva già vinto il Motocross e il Trofeo delle Nazioni con la squadra americana l’anno precedente quello che iniziò “l’era americana” e lo strapotere a stelle e strisce nel campionato del mondo di motocross per nazioni. Johnny, sotto la guida di Roger De Coster (che già a Giugno preparava la squadra Honda per fare il bis al Trofeo e al Motocross delle Nazioni) si presentò in Svizzera grazie a due mesi di stop del campionato AMA National 125, in cui battagliava con Mark Barnett e Jeff Ward. Moto Honda Factory, spedita via aerea, piombò nel bel mezzo di un campionato molto avvincente che in quel momento vedeva Mark Velkeneers con la Yamaha ufficiale molto in forma, seguito a pochi punti da Eric Geboers (Suzuki) e dal duo Rinaldi/Maddii con la Gilera.
Bene, la faccio breve. Johnny quasi non fece le prove libere. Solo un paio di giri. Nelle ufficiali diede 2 secondi a Geboers. In gara non ci fu storia per nessuno. Addirittura nella seconda manche dopo aver lasciato sfogare Geboers in testa per 12 dei 18 giri, decise di passarlo proprio sull’unico salto doppio “inventato” che solo lui, Eric e Jacky Vimond riuscivano a fare. Geboers perse velocità nello stacco antecedente la “buca”, non lo fece, e si vide Johnny letteralmente volare sopra la sua testa. Io ero a bordo pista. Vidi tutto. Non fotografai quell’azione. Troppo bella e per questo non concedeva distrazioni. L’avevo pre-gustata in quanto avevo visto con che velocità stava affrontando quel tratto l’americano della Honda e posi la macchina fotografica restando con la mascella pendente per il resto della giornata.
Veni, Vidi, Vici… così iniziai l’articolo per questa rivista. Sono venuto, ho visto, ho vinto. Johnny era molto timido. Aveva 21 anni e io 22. Feci fatica ad approcciarlo per le interviste. Avevo una gran voglia di chiedergli quelle ghette bianche con il suo nome sopra JohnnyO’ (made in JT) che sfoggiò per la prima volta in Europa a Lommel l’anno precedente quando vinse il Trofeo delle Nazioni.
Alla fine della seconda manche dopo la premiazione lo seguii sino al suo van che Roger aveva noleggiato per la gara. Mi ricordo che mentre camminavamo verso il paddock c’era anche Geboers e così feci l’intervista a entrambi. Scherzavano tra di loro, Johnny gli diceva che andava forte (riferendosi a Eric) e Eric gli rispondeva che era un missile. Poi una volta arrivato al van, iniziò a tirarsi via le ghette. Io che non sapevo neanche come chiamarle in inglese indicandole gli chiesi se potevo averle come ricordo. Le guardò (erano un po’ conciate) e me le lanciò con un sorriso.
Poi ci furono Il Trofeo delle Nazioni (250) e il Motocross delle Nazioni (500) rispettivamente a Gaildorf ( Germania) e Wholen ( Svizzera). Piste molti simili a quelle di Frauenfeld dove gli americani fecero il bis confermando quello strapotere che dimostrarono poi vincendo ininterrottamente il campionato del mondo a squadre fino al 1993 compreso. Nelle due gare successive entrai in confidenza con Johnny da cui ricevetti anche la sua maglia da gara che usò nell’ultima trasferta di quella incredibile stagione. Maglia che gli restituii a Maggiora 2015 e che andò all’asta per The Road To Recovery e che acquistò Stefan Everts per suo figlio Liam.
Le ghette le usai poche volte, mai in gara, troppo pretenziose… ma solo nei test per questa rivista, la prima volta sul numero di Novembre 1982 a Malpensa con una Gilera 125 e poi su un Kawa 500 sul numero di Maggio 1983 ad Arsago Seprio. Proprio l’anno in cui O’Mara vinse il suo primo e unico campionato National AMA quello 125. L’anno seguente nel ‘84 vinse il Supercross 250.
Terminò la sua carriera dopo 10 anni di buoni risultati nel 1990 con un terzo posto nel National 500. Un paio di volte all’anno mi sento ancora con Johnny. Sempre impegnato con i suoi allievi. Ora con i due fratelli Lawrence che gli stanno dando delle belle soddisfazioni. E per il suo compleanno… “questo è il big one” mi ha scritto ringraziandomi per gli auguri dei 60 anni. La ghetta nel motocross fu una moda che durò poco. Ma rimase impressa in me per molto tempo.
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