Mettiamo che…
di Zep Gori
Il Supercross è terminato. La stagione che conta è finita. Adesso mettiamo che qualcuno dei big dica basta. Dichiarazione con lo sguardo da segugio, interviste di rito, la voce un po’ rotta dalla commozione. La lacrimuccia, quella no, starebbe male. Tomac. Musquin. Barcia. Roczen. I prossimi sono loro. La legge dello sport ogni tanto fa qualche sconto, ma nel Supercross è davvero dura campare a lungo. È fuori discussione che quattro dei cinque big del campionato siano – per motivi diversi – vicini al giorno delle foto commemorative.
Barcia chissà… Dopo la sua miglior stagione 450 di sempre, in sella a una KTM rossa e spagnola (dobbiamo chiamarla proprio Gasgas? Sembra il soprannome di un cartone animato…), Beep Beep il biondo è rinato come il cartone animato di Hanna&Barbera. Finalmente gestito da una buona squadra, su una buona moto, Barcia è rimasto concentrato e veloce per tutto il campionato e qualche grossa soddisfazione se la può ancora prendere.
Tomac uhm… non c’ha più voglia. Gli è scesa la catena troppe volte. No, le sue DID girano benissimo, è la catena nella testa del pilota che sembra non esser più quella vincente. Quando vuole Tomac tira fuori delle perle di pura velocità, poi troppe sbavature, errorini, rimonte “rinunciate”. È troppo per un fuoriclasse col n.1 sulla moto e forse è quel numero rincorso tante volte nel campionato più difficile, ad averlo appagato definitivamente. La furia sportiva del campione che vuole vincere se n’è andata. Per rivederla, quella delle sue waves in punta di pedana con l’anteriore impennato, bisogna andare su IùTùb (Daytona 2015). È stato dietro alla coppia in testa alla classifica, davanti poche volte e oh… ci sta. Ha fatto il suo. Ha vinto e rivinto. È diventato ricco. Ragazzi, ci sta.
Musquin no. Lui un altro anno se può ce lo regala. Se la KTM gli rinnova il contratto, se lo sposta destinandolo a un team supportato. Tra anagrafica, infortuni e interventi, ha ancora voglia nei legamenti. Musquin a Salt Lake City 1 ha vinto. Ha vinto bene e dopo due anni s’è tolto un peso, nel modo migliore per dire che s’è ripreso. C’è un problema: risultati e tempo necessario a tornare alla vittoria non collimano con ingaggio e status. Il francese è pilota ufficiale nella squadra top del campionato, e a 30 anni è necessariamente a corto di futuro.
In USA non si fanno sconti. Il gioco di squadra è sempre tabù e va bene così. In KTM come in Honda, i compagni di squadra hanno lottato per non cedere la posizione al compagno in lizza per il titolo. Roczen e Webb non hanno ricevuto regali. Fra i due, Webb ha vinto il suo secondo titolo, la sua grinta animale è quella di prima dell’infortunio. Quando ha davanti l’avversario in difficoltà, lo aggredisce come lui sa fare. A fine gara non ha eguali. De Coster dice che è sempre impressionato dalla disinvoltura con cui Webb sa gestire la pressione. Già… non la sente proprio.
Invece Roczen? Lui e Webb sono gli unici due che hanno costantemente mostrato qualcosa di più. La partenza e i primi 10-15 minuti di Roczen non li ha nessuno. Webb ha gli ultimi 5 minuti, ma sono quelli che stanno facendo la differenza. Con la differenza che l’avversario della Honda rimane il pilota che corre con un braccio e mezzo. Il tedesco ha vinto molto, è ricco anche lui, ha messo su famiglia. Quando gli scade il contratto Honda, scadrà anche la motivazione? La rincorsa al titolo che manca a lui e Musquin per ora li sta invecchiando insieme. Certamente è stata una bella molla per il suo sensazionale recupero psico-fisico. Perché ciò che ha sopportato Ken per amore di questo sport è davvero notevole. Per quanta volontè potesse avere, non era per niente scontato che riuscisse a tornare ai vertici. Vincere lo scetticismo generale è certamente il suo titolo più grande, solo che l’albo d’oro degli infortuni non c’è.
Il titolo Webb se lo è meritato, Roczen lo ha perso e la sua prudenza nei duelli non conta. Potrà esser un limite ma sono stati essenziali i suoi piccoli errori. Il motivo forse lo capisce solo lui. O forse non c’è. Forse sono due campioni al limite, a uno dei due sta andando peggio. Coincidenze o meno, Roczen ha una stagione in meno davanti.
Insomma, il cambio generazionale è imminente. Non si tratta di salutare Davalos – a proposito, auguri – o qualcuno altro. Come sempre le scommesse dei manager devono riguardare anche chi verrà. Osborne e Andersoon sono dei diversamente giovani. Entrambi hanno vinto e ripetersi è un’altra questione. Cianciarulo è… Cianciarulo ha… Cianciarulo sì… dopo tutti questi puntini in sospensione, finirà ancora una stagione intera e intero? La sua fragilità preoccupa e le cadute che interrompono le sue stagioni sono più costanti delle vittorie. Come quelle di Sexton. In prospettiva la squadra meglio piazzata sembra quella Yamaha, con due giovani (Plessinger e Ferrandis) e mezzo (Stewart) che sabato scorso ha conquistato il primo podio 450. Uno o due dei piloti Yamaha potrebbero bastare, anzi, ne basta uno per vincere. Un pizzico di Cianciarulo, Osborne, Andersson, e il campionato sarebbe fatto? No, comunque vada serve uno step.
La sensazione – tutta personale – è che manchi ancora un po’ di sale. Bisogna attendere qualche ragazzo dalla 250. Nichols, Cooper, Shimoda, Hunter Lawrence, Craig, McAdoo Lawrence, Mosiman. Le classifiche servono a quello, basta leggerle senza dimenticare Vohland e Forkner, sui quali pesano già scommesse di team e sponsor importanti, tali renderli due predestinati. Lo sembravano anche Canard e Pourcel, Baggett e Barcia. Bisogna attendere. Il vivaio in 250, c’è e hanno diritto di sbagliare. Come sempre quelli che sapranno farlo meno li rivedremo presto in 450. Di sicuro c’è fra un anno o due leggeremo classifiche diverse. Su chi scommettiamo?
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(Image courtesy KTM – GasGas – SupercrossLive – HRC)