Paris Bercy e quell’ultimo rodeo di Danny Magoo Chandler
di Martino Bianchi
Il Supercross di Paris Bercy è un evento straordinario. Ho avuto la fortuna di assistere a diverse edizioni del Supercross più popolare in Europa. Soprattutto le prime edizioni degli anni ‘80 avevano un fascino particolare. Le maestose presentazioni, le luci, il folklore del pubblico francese, l’incredibile entusiasmo degli speaker, i fuochi d’artificio, le diverse animazioni. Quest’anno è ritornato ad essere l’evento di successo di sempre con tanto pubblico e un gran spettacolo.
Purtroppo però il Supercross di Parigi mi ricorda sempre anche un terribile incidente che spezzò le ali definitivamente a uno dei miei idoli di quel periodo: Danny “ Magoo” Chandler. Magoo era il prototipo del crossista americano folle, selvaggio. Il “wide Open” per lui era veramente tutto ma tutto assolutamente spalancato. Non c’erano vie di mezzo. Dal vivo l’ho ammirato al Motocross e al Trofeo delle Nazioni del 1982 in cui fu il primo e l’unico pilota a dominare entrambe le manche in programma disputate a Gaildorf in Germania e la settimana seguente a Wholen in Svizzera. Lui non faceva motocross, ma rodei su moto che fino a quando riusciva a controllare lo portavano a dominare qualsiasi gara a cui partecipasse. Molto spesso non gli andava bene. Quando arrivò in Europa nell’82 mi ricordo che era già parecchio infortunato . Prima di ogni manche lo dovevano bendare bene per fargli stare insieme entrambe le ginocchia più volte danneggiate e ormai senza più legamenti. Ma in gara, se stava in piedi , era una scheggia impazzita. Non posso dire che avesse uno stile armonioso, anzi era piuttosto disomogeneo, più incline a correggere la moto che con le manate di gas che ci dava, scodava impazzita da tutte le parti. Magoo non curvava forte, sfruttava la velocità con cui entrava in curva, e appena la moto si raddrizzava via a manetta spalancata. Sul dritto, sui tratti veloci pieni di buche, sui salti andava il doppio degli altri. Impressionante. E poi quel modo di “firmare” le sue vittorie. Soprattutto se il finish line era sulla rampa di un salto. Solo lui in quegli anni sapeva mettere la moto parallela al terreno e alzare la mano sinistra proprio come fa un cavaliere nella posizione più plastica durante un rodeo. Ho tenuto la sua foto ritratto in questa posizione acrobatica sulla mia scrivania per decenni. Insieme a uno dei suoi podi da vincitore, dove stappa lo champagne chiaramente a torso nudo.
Era incorreggibile, irrefrenabile. Come non dimenticarlo quando finì la manche di un National AMA guidando la moto con manubrio spezzato e la mano sinistra a cercare un appiglio. Oppure vincere una manche della tappa mondiale in America senza occhiali, e la vittoria nel Superbikers sempre nell’82 a Carlsbad, battendo i più esperti blasonati piloti dello short track e della velocità. Pazzo, spericolato, sempre al limite.
Poi arrivò quel 4 dicembre del 1985. Dopo una stagione difficile, settimo al suo esordio nel mondiale, cercando di abituarsi a una KTM 500 che non voleva stare dritta e che era troppo potente per lui, firmò con Kawasaki per la stagione successiva, ma la sua corsa si fermò su quell’ultimo salto in una batteria di qualificazione del Supercross di Parigi. Sapeva che i fotografi lo aspettavano sulla rampa finale e volle salutarli a modo suo. Ma qualcosa andò storto, nell’atterraggio perse il controllo della moto, centrò anche un fotografo e cadde malamente sulla schiena. Il resto lo sapete. Fece gli ultimi 25 anni della sua vita su una sedie a rotelle e solo negli ultimi anni con le scuole e con attività ricreative per i più giovani ebbe una vita e uno spiraglio di luce , in una esistenza troppo difficile e cupa per lui che era abituato ad emozioni forti.
Se vi appassionava Danny Magoo Chandler dovete assolutamente vedere il film documentario “Wild Magoo”: un ora circa di filmati e di reperti storici sulle sue imprese , che potete trovare su You Tube, con interventi di chi l’ha vissuto in quegli anni in gara , come Ricky Johnson e Jeff Ward.