Lo Smilzo, il Guascone e il Cobra
di Fabio de Lorenzo
Difficile, molto difficile vivere in America per dei ragazzi europei. Finita la luna di miele innescata da un sogno, la diversità di specie con gli autoctoni può rappresentare uno scoglio sul quale infrangere i traguardi prefissati. L’alchimia di un pilota ad altissimo livello può essere minata anche da piccole imperfezioni. Ne sanno qualcosa Dylan e Nastasia che dopo qualche mese trascorso tra la pista privata di Yamaha ed i ragazzi del team, erano tutto tranne che appagati. La soluzione ai loro problemi è arrivata da un’altra coppia di ragazzi francesi che hanno pagato pegno molti anni prima e che forse erano “protetti” dal granitico sistema austriaco. Marvin e Mathilde hanno trovato da tempo il loro equilibrio e forse anche una ristrettissima cerchia di amici che gli hanno consentito di ricreare condizioni affini alla vecchia Europa. Ma se gli uomini Dylan e Marvin hanno trovato fuori dai riflettori una quadra alla loro quotidianità, i top riders erano ben lontani dalla meta. Marvin ha “subito” la ferocia del sistema Baker per anni inseguendo un traguardo che probabilmente non taglierà mai. Ha sacrificato tutto scandendo la sua vita sui ritmi infernali di un training che non ha mai ammesso deroghe e che ha portato in dote titoli (per altri) e ritiri eccellenti…
Ancora peggio è andata a Dylan che nel primissimo approccio statunitense ha dovuto sottostare ai dettami di Gareth Swanepoel, allenatore del Team Star Racing Yamaha. Quando tutto il mondo si attendeva un riscontro immediato dallo “straniero” detentore della migliore combo moto, team, allenatore; lui è andato in crisi fallendo nel momento cruciale. La storia recente ci descrive una situazione molto più serena. Entrambi i ragazzi hanno abbandonato i rispettivi preparatori ed oltre a frequentarsi nella vita privata, hanno creato un sistema di lavoro che ha incluso non casualmente un altro francese, David Vuillemin.
I risultati credo che siano abbastanza evidenti; dal campionato outdoor dominato da Ferrandis, agli ottimi riscontri del rientrante Musquin. Quello che però mi ha lasciato abbastanza perplesso è stata la risultante della prima attesissima gara del Supercross di sabato scorso. Non per i risultati che comunque almeno per Musquin non sono stati così pessimi; ma per il mood mostrato nei venti giri della finale. A fronte di partenze sbagliate, la reazione è stata buona, l’atteggiamento molto meno. Marvin ha picchiato duro come un fabbro e forse, almeno in un paio di occasioni, avrebbe potuto evitare di allargare eccessivamente verso l’esterno. Ancora peggio l’analisi per Ferrandis che dopo una rimonta estremamente efficace, suffragata da tempi sul giri costantemente più concreti dell’acclamato teammate Eli Tomac, nel momento dell’ennesimo sbaglio avvenuto nella feroce sezione delle whoops, ha semplicemente mollato la presa nonostante fosse risalito fino ai margini della top five. Adesso sarebbe facile pensare ad un parallelo con il loro mentore ai tempi in cui incrociava il manubrio con McGrath e Carmichael… Errore! Adesso il mantra del Cobra rifugge la genesi del suo nick. David chiede ai suoi piloti soprattutto due peculiarità; tecnica e qualità. Per lui, e non solo, i main event ed i campionati si vincono con la costanza che deve essere sorretta da un’eccelsa tecnica e qualità nella prestazione. Doti necessarie per scorrere “fluidi” senza inutili dispendi di energia. In sostanza la descrizione di un ossimoro se paragonata alla prestazione offerta dai suoi due piloti 😉 Ci sentiamo mercoledì prossimo!
(Image LeBigUsa; profile D.ferrandis, M.Musquin)