Per Alvaro
Aveva deciso Alvaro: “Cravattina… facciamo Capodanno a Praga. E museo. Ti porto a vedere della tecnica vera. Magari anche al Dukla… lì son passati tanti campioni. Dopodomani si parte!”
Non credo che Alvaro mi abbia mai visto con la cravatta, eppure m’ha sempre chiamato così. E a Praga in realtà lo aspettava Gabriela. Alvaro era ancora “signorino”… insomma scapolo! Pilota prima, tecnico dopo, importatore insieme a Guido, fratelli inseparabili. Dei due Guido era quello con più talento, determinazione e cattiveria agonistica. Alvaro invece… col manubrio ha fatto il suo però preferiva l’officina.
Il suo talento s’è visto nei motori, due o quattro tempi poco importa, soprattutto se svedesi. Buone per correrci, per importarle e svilupparle. L’Husqvarna prima e la Husaberg (da enduro) poi. Poi di nuovo il motocross, a sfidare tutti con la 4 tempi – un’idea di Guido – perché ad aspettare i piloti nell’enduro ci si annoiava. Loro, due ex crossisti, erano uomini da cronometro e tabella dai box, non da orologio e tanica ai rifornimenti dei controlli orari dell’enduro.
Con Bartolini (il Valter) avevano capito che col 4 tempi si poteva fare bene. Con Joel Smets si poteva vincere. Nel mondiale. Sì, quell’inverno Smets aspettava qualcosa dai fratelli Vertemati. Joel sulla Husaberg s’era trovato bene, ma correva con una 501 enduro basicamente privata di targa, fanali, cavalletto e preparata a Triuggio. Alvaro sapeva cosa mancava. Alvaro capiva tutto al volo, l’intuito di chi – cresciuto fra pistoni, tornio e fresa – aveva imparato presto l’arte dell’arrangiarsi. Smets era un “belgiano” – lo chiamava così con malcelato rispetto – ed era forte. Si allenava sul serio e non rompeva… cioè non si lamentava troppo anche se qualche limite c’era. Husaberg era nata bene, leggera, essenziale, la migliore della sua epoca. Ma reggere due manche, quelle di una volta, da 45 minuti, magari sulla sabbia, guidata da un gladiatore come Smets, eh beh… era un’altra faccenda.
Alvaro lo sapeva. Quell’inverno stava preparando i primi rimedi. Pezzi che avrebbero trasformato la Husaberg nel prototipo della sua Vertemati. Nell’attesa… una breve pausa per capodanno, Praga e Gabriela.
Alvaro l’aveva conosciuta tempo prima e ci aspettava per festeggiare, conoscere Praga, e pure una sua amica. Più grande di me, traduttrice all’ambasciata, affascinante. Ma ero troppo giovane, troppo stupido e forse potevo capire qualcosa anch’io. Forse non c’è stato tempo.
Non era tempo neanche di smartphone, GSM, roaming e whatsapp, ma una telefonata a casa… tanto per dire tutto bene, si faceva. E scoprire da Guido che la fusione era arrivata prima. Era già in officina a Triuggio. La vacanza è finita in quel momento. Il capodanno? Sì… magari il prossimo.
Giusto il tempo di chiudere la valigia e scambiarsi l’ultimo bacio. Pieno di benzina e giù il piede a tavoletta. Si viaggiava così, i casello-casello non erano record, erano la norma. Come freddo e neve, perché in una notte del 30 dicembre, fra Praga e Brennero è normale. C’era ancora la Cecoslovacchia unita e le dogane. Le uniche volte che Alvaro ha fatto scendere la lancetta della Bmw sotto i …eorari è stato per la staccata al cartello del controllo passaporti e un paio di rifornimenti veloci. Una sigaretta dopo l’altra, Alvaro pensava già come lavorare quel blocco di GalSi9 (la lega che aveva scelto per la fusione).
Alvaro lo sapeva. Aveva capito. Aveva sentito che Gabriela era quella “giusta”. E sarebbe tornato. Ma quel capodanno era ancora troppo presto. Voleva tornare in officina. Con quella fusione grezza a danzare sulla fresa. Quelle fusioni – erano due paia, uno di scorta che non si sa mai – erano il primo passo, il primo innesto che avrebbe fatto nascere la Vertemati 500. Alvaro aveva capito. Aveva intuito cosa serviva per vincere coi 4T. E per stare bene con Gabriela. Era lei quella giusta e da quel quasi capodanno sono sempre rimasti insieme.
Cravattina