Dangerous bastards whoops
di Massimo Bonardi
Entrare nella mentalità dello spettatore statunitense di sport motoristici, non è una cosa semplice, soprattutto quando gli dai la possibilità di guardare tutto col gluteo comodamente appoggiato su una poltroncina da stadio e ambedue le mani occupate alternativamente da cibo e bevande. Cosa puoi fare per cercare di non farli cadere nel torpore digestivo nell’arco di un lunghissimo sabato sera di supercross e garantire che quella flebile fiammella di attenzione resti accesa. Semplice…salti, colpi di scena e cadute. Già è estremamente complesso, creare dei tracciati di motocross per moto da quasi sessanta cavalli, dentro degli angusti spazi destinati ai diamanti del Baseball (come già detto in quelli del football la situazione migliora un poco), costruirli perché accontentino con le loro difficoltà, i tre “dogmi” delle gare indoor, muove la fantasia di geniali progettisti di piste che si inventano situazioni sempre più intricate da interpretare e memorizzare per i piloti. Partendo dal dato di base che a occhio e croce, tutte e due le ruote a terra riescano a tenerle al massimo per il trenta per cento del giro, non bastassero le infinite serie ritmiche di doppi, tripli salti e table top, immancabilmente vengono inseriti loro, i terrificanti rettilinei di whoops. Che tutti sappiate ormai cosa siano è indubbio, che ad un pilota amatore sia capitato di affrontarle, visto che sono state – da anni – bandite da tutte le piste tradizionali per la loro pericolosità e rimangano specifiche per i cosiddetti “tracciati indoor”, ci sono buone possibilità ma non è scontato; quale sia la percentuale dei suddetti piloti amatori in grado di superarle agevolmente e con destrezza, faccio fatica a pensare che si arrivi al terzo dei praticanti. Ma come, direte voi, la tecnica è nota e collaudata; marcia lunga, gas costante e vai…sì…vai, esattamente non si sa con che esito, ma vai.
Nella gara corsa sabato sera ad Oakland, i due rettilinei di whoops erano impressionanti; ho seguito nel pomeriggio pre-gara la ricognizione a piedi di due team manager e profondità tra le gobbe / distanza tra le creste lasciava davvero perplessi, al pensiero di ciò che avrebbero dovuto affrontare i piloti, perplessità che poi hanno trovato conferma in “vittime eccellenti” che hanno pagato dazio nell’arco delle prove. Roczen per primo, nelle qualificazioni, è uscito “miracolato” dalla caduta innescatasi dai rimbalzi, quando un incolpevole Sexton è passato letteralmente sulla faccia del tedesco finito sotto le sue ruote. Ken si è alzato ammaccato e probabilmente già mentalmente provato, tanto che nel corso della finale è volato via dritto alla fine del tratto di gobbe opposto, senza quasi più riuscire a recuperare se non un paio di posizioni – aveva già dato -. Nella 250 poi, uno Shimoda per l’occasione freestyler, si è esibito in un quasi perfetto front flip, dove ha rischiato veramente un numero indefinito di fratture. Ma lo spettacolo…eh beh, salti, colpi di scena e cadute, i tre dogmi, che nell’occasione hanno riguardato piloti di alta classifica, quello sì che non è mancato a dare la sveglia al pubblico che per l’emozione è saltato in piedi con le salsicce che schizzavano dagli hot dog strizzati e boati di entusiasmo.
Resta il dubbio – e lo scopriremo già nei due prossimi sabati, perché il Petco Park è davvero un toboga infernale e Anaheim 2 ancora peggio – quanti (speriamo tutti) piloti usciranno illesi dal parossismo sempre più esasperato dei tracciati indoor americani, richiesto ed indispensabile per tenere alto il livello di spettacolo, sicuramente in favore del pubblico, decisamente meno a favore della sicurezza di chi dello spettacolo ne è attore protagonista.
(Image SupercrossLive)