Honda CR 250R HRC 1991 Trampas Parker
di Max Mones
Derivata dalla serie la rossa del Team Emmepi Racing Campione del Mondo, performata con molti pezzi speciali arrivati dal Giappone.
Quella del Mondiale ’91 fu una moto a due facce. Fino a prima del Gran Premio di Mantova era una Honda quasi di serie, giusto qualche accorgimento tecnico e nient’altro, dopodiché le cose cambiarono: Trampas Parker si stava giocando il titolo con Alex Puzar e, se sul piano della velocità di guida e del lavoro fisico l’americano se la giocava ad armi pari con Sandro, su quello tecnico c’era da contrastare una moto molto forte come quella ufficiale Suzuki. Campione del Mondo in carica.
Grazie all’interessamento dell’ingegner Antonio Rovelli e di Alfredo Ciresa, titolare di HM Moto Spa (l’allora distributore per l’Italia delle Honda cross), attraverso Honda Europa arrivarono al Team Emmepi di Paolo Martin e Pierangelo Platini alcuni pezzi speciali provenienti direttamente dal reparto corse HRC in Giappone. Il motore era ufficiale: cilindro, testa, pistone a cielo piatto doppia fascia anziché bombato a singolo segmento, accensione computerizzata Nippondenso, raffinata espansione in lamiera di acciaio rullata e saldata a mano, carter esterni in magnesio di maggior spessore ma più leggeri e resistenti dell’originale, valvola di scarico HPP (Honda Power Port) con fasatura rivista.
Alesaggio e corsa rimasero quelli stock pari a 66,4 x 72 mm, come il carburatore Keihin PJ 38 a immissione lamellare nel carter pompa. Il Keihin montava un getto di massima da 165, spillo 1368 posizionato sulla tacca di mezzo, saracinesca 6.0 e getto di minima da 52, con vite dell’aria aperta di 1 giro e mezzo. Agip il fornitore del carburante, Moto Air quello del filtro aria, la candela era NGK B8EGV con resistore.
Il cambio cinque marce HRC era dotato di ingranaggeria più leggera, con prima, seconda e quinta più corte di rapportatura, mentre il pacco frizione in bagno d’olio di serie montava dischi in alluminio cromati e trattati termicamente per sopportare meglio le alte temperature di esercizio. Trasmissione da 13/50 Afam sprockets e catena Regina. Nonostante albero motore, biella, masse volaniche, carburatore e silenziatore fossero di serie, il motore aveva molta più coppia e potenza rispetto a quello standard.
Benché ricalcasse pari pari quote e dimensioni di quello di serie, il telaio venne ripreso a livello di saldature e rinforzato nelle zone di maggior stress. Le sospensioni erano Works Showa da 45 mm di diametro e 310 mm di escursione, con foderi alleggeriti nella zona tra le due piastre, di cui quella superiore in magnesio con foro eccentrico dello sterzo per variare l’inclinazione forcella, la stessa forcella impiegata dagli ufficiali Honda in America, mentre nel Mondiale era esclusiva del solo Parker. Era tra le prime rovesciate a cartuccia chiusa, con piedini ricavati dal pieno di alluminio a perno avanzato, molto avanti per quei tempi.
Ammortizzatore sempre Works Showa, con corsa alla ruota di 340 mm, diversi carichi di molla per terreni duri e morbidi e la possibilità di variare la lunghezza totale mediante la sostituzione della testina, il tutto ancorato al leveraggio Pro Link HRC in magnesio (ma con lo stesso rapporto progressivo di quello di serie) e al forcellone in lega di serie.
Speciali mozzi HRC in magnesio col posteriore da 32 raggi, perni ruota HRC in acciaio, cerchi DID col posteriore speciale da 2,50 x 19″ e particolare canale per ospitare gli pneumatici Dunlop. All’anteriore montava un 80/100-21 K490, dietro uno sperimentale 110/90-19 codice 707. Camere d’aria Dunlop Heavy Duty. Tra le altre componenti provenienti dal reparto corse HRC: i carter esterni di accensione e frizione in magnesio, le pedane più larghe, la protezione della pompa freno posteriore, il paramotore in alluminio e la leva del cambio.
A livello di sovrastrutture la Honda di Parker montava plastiche HRC, serbatoio in alluminio realizzato da VRP con capacità tra i 10,5 e i 12 litri per le piste di sabbia, manubrio Arrow in lega con piega sulle misure di Trampas (79 cm anziché 80,5 cm di quello originale), impianto freni originale Nissin con supporti pinze HRC in magnesio. Alla bilancia la Honda CR 250R numero 7 di Trampas Parker fece registrare un peso di 98 chili con liquidi e senza benzina.
A quei tempi HRC concedeva il proprio materiale speciale solo a team che potessero contare su un pilota forte, da titolo Mondiale o giù di lì. Ne andava del prestigio del reparto corse più popolare al monto, altrimenti non c’erano dollari che tenevano. Lo stesso valse per Everts negli anni di Honda in 250 (’96/97/98), il cui team di Dave Grant poteva mettere sulla bilancia non solo un mucchio di dollari ma anche il peso specifico di un Campione del calibro di Stefan. Tuttavia, nonostante la fama del più grande “preparatore” che la storia del motociclismo sportivo conosca, prima di correre con il Team Emmepi Racing, Parker volle provare la Honda in gran segreto.
“Trampas veniva da anni di KTM, non aveva mai corso con Honda – ricorda Maurizio Martin, fratello di Paolo Martin -. Gli facemmo provare una CR 250 del ’90 di un nostro cliente e si trovò subito bene. Pensava persino non fosse di serie. Onestamente non era un pilota con richieste particolari, giusto una messa a punto e via. Incominciammo a lavorare con Chad nel novembre del ’90. Con noi corse due stagioni, ’91 e ’92. L’inverno del ’90-91 si allenò in Italia, si usciva praticamente sempre assieme, e tutto filò liscio. L’anno del titolo Mondiale fece anche tripletta nell’Italiano vincendo le classi 125, 250 e 500. Una stagione memorabile. Quell’anno Parker era veramente una macchina da guerra. Mi colpì la sua dedizione al lavoro: la palestra non sapeva nemmeno cosa fosse, andava in moto cinque giorni la settimana. E a ogni uscita ci stava le ore, provando a fare cose per noi solo impensabili. A lui piaceva stupire, fare le americanate. Lavorò tantissimo, al punto che a metà Mondiale rischiammo grosso: andò in sovrallenamento con serie difficoltà di recupero. Era talmente carente di ferro che non riuscivamo più a rimetterlo in sesto. Per tre o quattro Gran Premi subì un calo fisico importante, era completamente svuotato. E per quanto mangiasse carne rossa e fegato, i valori del sangue rimasero sempre bassi, non riusciva ad assimilare nulla. Dovemmo ricorrere a cure di ferro per endovena. Parker non era un grande tecnico sulla moto, stilisticamente e tecnicamente Michele Fanton era una spanna superiore. Però in quanto a sacrificio e a carattere non lo batteva nessuno. Trampas a Michele diceva sempre: ‘vedi, tu vai anche più forte di me, ma siccome non ti alleni, io vince’. Fine del discorso. Michele a livello tecnico era imbattibile, ma Parker era un animale da gara”.
“Al Gran Premio di Mantova ci presentammo per la prima volta con la moto ufficiale HRC. Fu anche la prima volta che si usarono i transponder. Puzar correva con Suzuki e fra Trampas e Sandro c’era un’amicizia-rivalità molto sentita. Ricordo che lo speaker annunciò la pole di Puzar. Parker lo aspettò di rientro ai box e gli disse: ‘Sandro, ma come cacchio fai a fare il primo tempo se sei fermo?’. Sandro aveva migliorato di un secondo e mezzo il giro di Chad. Trampas rientrò in pista ancora più incazzato e gliene rifilò altri due. Era talmente forte di testa che alla seconda manche si presentò col casco senza mentoniera, gliel’aveva tagliata nell’intervallo tra una manche e l’altra perché aveva bisogno di aria. ‘Non c’è problema – mi rassicurò – tanto parto davanti…’. E, infatti, partì in testa e vinse la manche. Psicologicamente molto forte, non si faceva intimorire da niente e nessuno. Anzi, era talmente sfrontato e sicuro di sé che era lui a incutere paura agli altri, non il contrario”.
Nell’anno del Mondiale il Team Emmepi Racing sviluppò direttamente in casa una Honda CR 125 per il Campionato Italiano, così come la 500 che ereditava dalla 250 ufficiale serbatoio, sella e telaietto. Comunque, sempre di moto di serie si trattava. Una gran mole di lavoro per i ragazzi di Platini e Martin, presi tra i fuochi incrociati del Mondiale 250 e dell’attività nazionale di massimo livello. Il reparto corse di allora con sede a Vigonza (PD) era tutti i giorni un gran fermento, chi si occupava della Honda ufficiale da Gran Premo, chi della 125 e della 500 per contrastare la concorrenza nel Campionato Tricolore. C’era da diventar matti dal ritmo frenetico con cui si metteva mano contemporaneamente a più moto. Chi in pista, chi in officina. Una struttura superorganizzata per quei tempi, al punto che Paolo Martin negli anni si guadagnò la fiducia di Honda HRC.
Per quanto riguarda la CR 250 Campione del Mondo 1991, molta componentistica era praticamente derivata dalla serie come, appunto, il forcellone, i freni a disco da 240 e 220 mm, radiatori, pompa acqua, cassa filtro. C’erano poi alcuni correttivi per adattarla ai vari fondi, come il carico molle delle sospensioni o la capacità del serbatoio, specialmente quando ci si imbatteva nelle piste del nord Europa.
“Dieci giorni prima del GP del Belgio andammo a correre sulla sabbia di Lommel. A parte Mantova, in Italia non c’erano piste con quel tipo di fondo – spiega Martin -. Parker non era mai stato abituato alla sabbia e ricordo che al primo allenamento prendeva 10-15 secondi dagli specialisti del posto. Al punto che andò in depressione. Però non era il tipo che riponeva le armi prima ancora di puntarle: si allenò così tanto sulla sabbia che la domenica quasi vinse il Gran Premio. Da qui si capisce con che personaggio abbiamo avuto a che fare: di testa è stato il pilota più forte che abbiamo mai avuto. Sapeva che il suo lavoro era vincere, si divertiva solo quando vinceva e basta. Conquistammo il titolo per soli 4 punti su Mike Healey che correva con KTM. Quell’anno il Mondiale 250 era davvero tosto, c’erano parecchi piloti forti”.
L’anno dopo, però, delle cose cambiarono. La moto nuova arrivò solo a febbraio, non come oggi che si inizia coi test in pista molto prima della stagione di gare. E siccome era da tempo che non tornava a casa, Parker decise di partire per gli Stati Uniti. “Tornò in Italia dopo tre mesi ma non era più lui – rammenta Martin -. Gli successe qualcosa che ancora oggi non sappiamo spiegarci. Fu una stagione molto impegnativa anche perché Honda cambiò completamente la moto, era una CR 250 di nuova generazione, con il modello ’92 iniziava il nuovo ciclo tecnico dei quattro anni canonici. E c’era da lavorarci dietro subito. Al primo approccio Parker non ebbe un gran feeling con quella moto, ma credo perché tornò con una testa un po’ diversa. Chiese, infatti, aiuto al padre, uno che all’occorrenza lo metteva in riga”. Dopodiché la storia la sapete…
La Honda CR 250R HRC del ’91 fu l’esempio che ai tempi con una moto praticamente derivata dalla serie, qualche buon pezzo speciale, un ottimo pilota e tanto lavoro da parte del team, si poteva puntare molto in alto. Oggi non so se funziona ancora così…
(images Raffaele Paolucci ed Emiliano Ranieri)