Ron Lechien. My USGP story
Eric Johnson
Era il 18 giugno dell’89. All’Hollister Hills Park, in California, si correva il settimo round del Mondiale di Motocross classe 500. The Dogger fu inarrivabile.
Durante un arco di sei anni il Gran Premio degli Stati Uniti di Motocross suscitò in Ron Lechien un rapporto di amore e odio. E, per dirla tutta, al di là della cilindrata con cui aveva combattuto queste sei battaglie, questo sentimento contrastante aveva le sue buone ragioni. All’inizio fu tutto rose e champagne quando, all’età di 17anni da rookie della classe 250, Lechien con un secondo e un primo posto di manche vinse in maniera convincente l’ottavo round del Mondiale Cross 250 dell’84 sulla pista di Unadilla Valley (Stato di New York). Fu il più giovane pilota della storia a riuscire in un’impresa simile, un risultato notevole per l’ufficiale Honda di El Cajion (California). Tuttavia, da quel giorno, come per diverse altre faccende che ne caratterizzarono la carriera, le performance di The Dogger agli USGP nel corso dei quattro anni a venire passarono lentamente nel dimenticatoio.
Nell’85 si schierò dietro il cancello del Gran Premio degli Stati Uniti classe 500 disputatosi a Carlsbad e dopo un brillante primo giro, che lo vide sverniciare i contendenti al titolo Mondiale, Eric Geboers e Dave Thorpe, prendendosi pure un largo margine di vantaggio, Lechien e la sua potente Honda si schiantarono nel corso del terzo giro. La sua gara finì lì e non fu nemmeno in grado di schierarsi al via della seconda manche.
Sempre a Carlsbad e sempre in occasione dell’USGP, ma questa volta era il 1986 e al posto di una Honda si presentò con una Kawasaki, Lechien non riuscì a concludere una manche. Un giorno davvero da dimenticare. Spedito a Steel City da Kawasaki a fine estate ’87 per correre l’USGP classe 125, Lechien si addormentò praticamente durante le prove del sabato e quando si presentò in gara la domenica fu rispedito a casa di filata dalla FIM: niente prove il sabato, niente gara la domenica il verdetto dell’Internazionale. Ron lasciò Pittsburg un’ora prima del via della prima manche.
Nel 1988 il Gran Premio degli Stati Uniti classe 500 si disputò per la prima volta all’Hollister Hills Park, in California. Per Lechien la gara fu un totale disastro, poiché cadde al primo giro di gara1 senza preoccuparsi tuttavia di scendere in pista nella seconda manche. Arrivò poi l’estate dell’89 e un’altra occasione per Lechien di replicare il successo ottenuto cinque anni prima (1984) durante l’USGP classe 250. Interessante notare che la storia del ritorno di Lechien all’Hollister Hills per il settimo round del Campionato del Mondo di Motocross classe 500 in realtà iniziò otto giorni prima nel parcheggio dello storico Memorial Coliseum di Los Angeles.
“La mia stagione ’89 fu altalenante, ma in quel periodo avevo già corso molto e fisicamente mi sentivo in forma – ricorda Lechien seduto nel suo ufficio della Maxima Racing Oils di Santee, California, di cui è proprietario e azionista -. La settimana prima del’USGP avevo finito terzo al Supercross del Coliseum e rimorchiai una ragazza della Coors con cui passai la notte. La mattina dopo andai nell’Idaho per incontrare John Gregory (fondatore del leggendario marchio JT Racing di abbigliamento di motocross e sponsor di Lechien dell’epoca, nda) che mi rapì letteralmente per tutta la settimana per andare a pescare, volare e starcene un po’ assieme. Davvero divertente. Nel weekend andai poi al GP di Hollister pensando che, beh, al di là di essermela spassata, mi sentivo bene. In più mi era sempre piaciuta la pista di Hollister, fondo duro, scivoloso, polveroso. Come quelle piste malefiche che frequentavo a casa mia in California”.
Dal Gran Premio 500 corso due settimane prima ad Huskvarna, in Svezia, arrivò il trio delle meraviglie di Honda Racing Corporation: Eric Geboers, Dave Thorpe e Jeff Leisk. Geboers, il Campione del Mondo in carica della 500 che aveva vinto l’anno prima l’USGP a Hollister, stava attraversando un momento di grazia, così come l’inglese Thorpe e l’australiano Leisk. Inoltre, c’era da vedersela con gli ufficiali KTM, Kees Van der Ven e Jacky Martens, che al GP di Svezia avevano chiuso rispettivamente primo e secondo. Tuttavia, Lechien non fu affatto preoccupato dall’arrivo dei piloti provenienti dall’Europa.
“Nessuno di loro mi faceva realmente paura – spiega Lechien in merito ai piloti dei GP -. Né degli europei e nemmeno di Leisk che avevo già battuto abbastanza facilmente al Motocross delle Nazioni dell’88 in Francia. Conoscevo tutto di lui e dei piloti del Mondiale. Inoltre, sapevo che a loro quelle condizioni di terreno non piacevano e che avrebbero cercato di cavarsela portandosi a casa qualche punto. Almeno era quanto davano a vedere, non sembrava stessero dando davvero tutto. Come se non vedessero l’ora di finire il loro compito per tornarsene in Europa prima possibile. A quei tempi eravamo la Nazione dominante nel cross. Quei piloti non mi preoccupavano affatto, forse sarebbe stato diverso se avessi corso sulle loro piste…”.
Quando il cancelletto si abbassò e i 40 piloti schierati si proiettarono lungo il rettilineo di partenza dell’Hollister Hills per affrontare la prima curva a destra e iniziare il conto alla rovescia dei 40 minuti di manche più due giri, furono Geboers e la sua Honda HRC RC 500 a piazzarsi al comando del gruppo, con Lechien e Stanton all’attacco dell’asso belga. Non ci volle molto prima che i due americani passarono di motore Geboers, con Stanton pronto a fare la corsa su Lechien. Ma non fu così dal momento che scivolò in un canale e retrocesse in nona posizione. E mentre Stanton era impegnato a recuperare fino a raggiungere la terza piazza finale, Lechien tagliò il traguardo con 22 secondi di vantaggio su Geboers. “Ho fatto la mia gara e sono andato via – rilasciò allora Lechien al magazine Cycles News -. Non ho avuto alcun problema con la pista o con i doppiati, anche se ne ho dovuti doppiare diversi più di una volta”.
Dopo la caduta a inizio gara Stanton fu comprensibilmente costretto a passare alcuni tra i più forti piloti del Mondiale 500 del momento. “Volevo arrivare almeno secondo – disse Stanton all’allora giornalista di Cycle News, Ken Faught – perché vincendo la seconda manche mi sarei garantito la vittoria del GP. Ora posso solo sperare di vincere gara2 e che qualcuno si inserisca fra me e Lechien”.
A distanza di 28 anni da quella gara, Lechien è ancora super convinto che sulla pista veloce di Hollister Hills, Stanton non avrebbe avuto comunque la meglio. “Ogni volta che occorreva batterlo era come se avessi avuto il suo numero di gara – spiega Lechien -. Lui ovviamente lavorava un po’ più sodo di quanto non facessi io, ma quando ero in palla e a posto non ce n’era. Non aveva la mia velocità. Lui era piuttosto un diesel, era sempre lì, e quando io accusavo la stanchezza, lui veniva fuori e mi sfiniva”.
Con 10mila tifosi arsi dal sole californiano in trepida attesa, la seconda manche fu un vero e proprio thriller. Lechien partì al comando ma fu presto rilevato da Billy Liles, pilota della Georgia che allora correva il Campionato del Mondo classe 500. Nell’intento di lasciare un segno nel GP di casa, Liles lottò duramente, comandando i primi cinque giri prima che Lechien lo passò definitivamente su un lungo e sconnesso discesone. Stanton, che fu abile ad aggirare Liles e la sua Kawasaki, si piazzò dietro Lechien negli ultimi giri del GP, ma per il Campione Supercross di quell’anno non fu uno dei suoi giorni: la sua Honda vide un fantasma e di colpo lo disarcionò fuori pista. Con il sole della California che cominciava ad allungare le ombre, Lechien vinse facilmente gara e GP. Un giorno di gloria memorabile.
“Il Gran Premio 500 era da sempre sulla lista di gare che avrei voluto vincere – mi confida Lechien -. Ero lì per questo, ero in palla. Quel giorno non ce n’era per nessuno. Ero davvero a posto. Una gara memorabile, che ho sempre desiderato. Vincere gli USGP 250 e 500 fu grandioso, una bella immagine per me. Certo, Hollister Hills non era Carlsbad in quanto a prestigio, ma era pur sempre un Gran Premio e io lo vinsi”.
(images Jack Burnicle)