HONDA CR 125R 1986 JOHNNY O’MARA
di Max Mones
Non fu la sua miglior stagione di sempre. E neppure in sella a una 125. A fine anno avrebbe inoltre lasciato il Team Honda per accasarsi in Suzuki. Ciò nonostante, De Coster lo portò al Nazioni di Maggiora. E ci azzeccò.
Al mondo esistono moto che hanno una storia da raccontare. Pochissime di quelle storie, però, diventano leggenda.
La Honda CR 125 del 1986 di Johnny O’Mara e uno di quei rarissimi esemplari elevati a simbolo di un’epoca grazie a un’impresa che cambiò il nostro sport.
Ricordiamo tutti bene cosa successe nel 1986 negli Stati Uniti. L’AMA, il massimo organo federale americano, abolì definitivamente l’uso dei prototipi nei campionati professionistici di Supercross e Motocross, imponendo alle Case costruttrici di rivedere i programmi di sviluppo per le moto del futuro destinate al racing, in particolar modo le cosiddette “ufficiali”.
Da quell’anno le cross impiegate nei tornei Pro sotto l’egida dell’American Motorcycle Association avrebbero dovuto rigorosamente derivare dai modelli omologhi di serie. Normativa in vigore tutt’oggi.
Per quanto la CR 125 di Johnny O’Mara era pur sempre una HRC e, tecnicamente parlando, la capostipite delle Honda factory susseguitesi nel tempo, l’essersi ammantata del mito non dipese tuttavia dalle sue straordinarie doti meccaniche o ciclistiche, dal momento che ricalcava in buona sostanza le CR di produzione. E nemmeno per i risultati sportivi che O’Mara ottenne in quella stagione sul suolo di casa. Fu ben altro a decretarne la fama.
Per l’ex Campione Motocross 125 (1983) e Supercross 250 (1984), la stagione ’86 – tra l’altro l’ultima in seno al Team Honda HRC prima di trasferirsi in Suzuki – non fu nemmeno tra le più memorabili della sua carriera, specialmente per via di uno strappo al legamento collaterale mediale subìto nella pre-season, a due settimane dal via di Anaheim.
Quell’anno O’Show si classificò terzo nel Supercross 250 (dietro al Campione Ricky Johnson e David Bailey), terzo nel Motocross 250 (sempre alle spalle dei due compagni di team in quest’ordine) e quarto nella 500 (dietro Bailey, Johnson e Jeff Ward). Il titolo outdoor 125 lo vinse invece Micky Dymond.
MXON AFFAIR
E qui arriviamo al caso scatenatosi alla vigilia della partenza per il Motocross delle Nazioni che si sarebbe dovuto disputare a Maggiora. Per logica, il Dream Team avrebbe dovuto essere composto dai tre Campioni Nationals. In realtà il selezionatore della squadra americana Roger De Coster, che all’epoca gestiva assieme a Dave Arnold il Team American Honda per il quale correvano, giust’appunto, Johnson, Bailey e Dymond, preferì O’Mara (anch’egli pilota HRC) al fresco Campione outdoor classe 125.
Per dare seguito alla striscia di successi degli USA al Trofeo Chamberlain che durava dall’81, a De Coster servivano piloti di esperienza. E lo dichiarò apertamente. Soprattutto, puntò su O’Mara perché certo che Maggiora sarebbe stata l’occasione per riscattare un’annata corsa non ai suoi livelli. La strategia funzionò.
Tuttavia, di quella memorabile gara ancora oggi conosciuta al mondo come “The Race”, non fu la vittoria “annunciata” del Team USA a sbalordire il mondo, bensì l’impresa compiuta da O’Mara. Con la Honda CR 125R HRC che vedete in queste pagine, l’allora asso 25enne californiano si rese autore di una clamorosa prestazione che ancora oggi riecheggia nella memoria di molti appassionati di questo sport.
Nonostante deficitario di un tot di cavalli rispetto ai rivali delle cilindrate superiori, O’Mara si prese il lusso di chiudere entrambe le sue manche sempre al secondo posto assoluto. In gara1 (125 vs 250) si piazzò appena dietro il compagno di squadra Johnson, in gara2 (125 vs 500) arrivò alle spalle dell’altro “teammate” Bailey.
Ma ciò che rese epica la performance di O’Mara fu la sverniciata di motore che inflisse all’allora Campione del Mondo classe 500 Dave Thorpe su uno dei ripidi salitoni del Mottaccio del Balmone. Memorabile…
Ecco perché la CR 125 HRC di O’Show è diventata leggenda. E, a ben vedere, non era nemmeno la sua. Ma quella presa in prestito da Micky Dymond. Strana la vita!
ADDIO PROTOTIPI
A quel Maggiora ’86 col Numero 1 si presentò David Bailey. Il Numero 2 fu assegnato a Ricky Johnson, mentre sulla tabella della CR 125R HRC di Johnny O’Mara campeggiava il 3. Il terzo elemento della formazione americana considerata ancora oggi la più forte di sempre.
Si dice che quella gara segnò l’inizio del dominio dei piloti americani nel mondo e che quella CR 125R dell’86 aprì la strada al Motocross moderno. Di sicuro l’86 fu un anno di rinnovamento. I costruttori come Honda, attivissimi sul piano tecnico-sportivo, avrebbero dovuto ribadire la propria autorità attraverso progetti più basici. Le RC ufficiali (con la “ERRE” prima della “CI”) degli anni precedenti erano delle vere e proprie moto laboratorio, con le CR di produzione non spartivano nemmeno una vite. Pezzi unici sviluppati uno ad uno a fronte di investimenti faraonici.
L’obiettivo dei nuovi regolamenti AMA mirava, appunto, a ridimensionare i budgets dei grandi colossi destinati al racing, nell’intento di mettere i players più o meno sullo stesso piano tecnico. Questa decisione portò, tuttavia, a un ridimensionamento dello sviluppo da parte dell’industria motociclistica, in controtendenza allo scopo principale per il quale si programma un’attività racing: la sperimentazione!
La CR 125R HRC che O’Mara utilizzò al Nazioni venne preparata dal meccanico di Micky Dymond, Chris Haines, dichiaratosi sorpreso della decisione presa da De Coster. Su quella moto l’Honda Team Leader di allora volle salisse a tutti i costi O’Show, e per quella sola e unica gara che il Campione californiano avrebbe corso, gli promise un missile terra-aria.
Oltre a “coprire le spalle” ai compagni di team, O’Mara e quella 125 diedero lezione di Motocross al mondo intero. Specialmente ai Campioni GP classe 500 dell’epoca, annichiliti di fronte alla debordante potenza di quella Honda e del suo cavaliere.
L’aspetto più stupefacente di tutta quella faccenda è che sia il pilota sia la moto grossi segreti non ne avevano. O’Mara con la Honda 125 aveva già corso e pure vinto in America e, a causa dei nuovi regolamenti tecnici AMA, quella CR non riservava chissà quali misteri.
Progettualmente si rifaceva alla stessa CR che qualsiasi appassionato poteva acquistare dal concessionario Honda. Telaio monotrave discendente tubolare a sezione quadra largo 37 mm, culla chiusa sdoppiata all’altezza dello scarico con tubi tondi da 25 mm, trave superiore da 45 mm e zona attacco cannotto rinforzata da fazzoletti.
Il telaietto scomponibile in tubi tondi da 19 mm della “cierrina” di O’Show ha la particolarità di essere asimmetrico, diverso da quello originale per via dell’asta obliqua lato destro più corta e fissata al montante laterale mediante una piastra in acciaio interposta che funge anche da protezione della pompa freno posteriore in magnesio.
Dello stesso materiale nobile anche la pinza flottante ufficiale Nissin monopistone dedicata, mentre l’avantreno monta una pinza originale sempre Nissin in lega leggera a due pistoni affiancati, comandata da una pompa monoblocco in magnesio.
Varie componenti della ciclistica vennero prodotte in magnesio, come la piastra forcella superiore dotata di silent block ai braccialetti manubrio. Quella inferiore è invece ricavata da pezzo di alluminio, molto probabilmente eredità della CR 500 ufficiale.
È doveroso ricordare che prima di decidere con quale moto correre il Nazioni di Maggiora, O’Mara sostenne alcuni test con la Honda mezzolitro e non è da escludere che possa avere optato per quella soluzione di avantreno anche sulla 125.
Il forcellone in lega a sezione rettangolare (55 x 39 mm e 3,5 mm di spessore) con nervature di rinforzo verso la ruota e nella zona inferiore per favorire la rigidità torsionale nelle aree più sollecitate dai carichi della sospensione, venne modificato per ospitare la flangia di supporto della pinza del disco posteriore da 220 mm di provevienza HRC. Diversamente da quanto si sostenne all’epoca, sebbene il disco sul retrotreno arrivò di serie sul modello ’87 (nell’86 era a tamburo), il telaio della Honda di O’Mara era dell’anno corrente.
Il leveraggio Pro-Link è costituito da un elemento triangolare infulcrato in un vertice alla traversa del forcellone. In basso si collega al telaio tramite un tirante a forcella posto in senso longitudinale.
SHOWA UFFICIALI E SCARICO ATAC
Nel’86 la vera novità nel settore delle sospensioni fu rappresentata dall’inedita forcella Showa a cartuccia aperta. Tuttavia, per le CR 125R stock Honda non ritenne necessario dotarle di quelle meravigliose componenti, preferendo il prodotto Kayaba senza cartuccia. Naturalmente sulla CR 125 di Johnny O’Mara sono montate forcelle Showa ufficiali a steli tradizionali da 43 mm con foderi in magnesio e soffietti parapolvere blu.
Largo impiego di magnesio anche per i carter motore, con il carterino lato destro removibile (sulla moto di serie era in pezzo unico) per ispezionare il gruppo frizione.
Il motore è un 54 x 54 mm di alesaggio e corsa pari a 123,7 cc con aspirazione lamellare nel cilindro e valvola di scarico ATAC. La particolarità di questo sistema Honda (Autocontrol Torque Amplification Chamber) è di essere costituito da una camera di risonanza posta sul tratto iniziale della luce di scarico, la cui apertura regolata da una valvola a farfalla avviene a bassi regimi quando le onde di ritorno frenano il flusso in uscita dei gas combusti, migliorando il rendimento. Non era esattamente come modificare l’altezza della luce di scarico, ma in termini prestazionali tendeva ad avvicinarsi.
La camera dell’ATAC è ben visibile all’esterno tra i rami della culla, utile ad ottenere maggior volume e quindi favorire il tiro in basso.
Il gruppo termico della CR 125 versione ’86 fu completamente rivisto con l’adozione di un cilindro più piccolo e più leggero, dotato di camicia in ghisa alluminata. La testa venne ridisegnata ottenendo una riduzione generale degli ingombri e dotata di doppia uscita del liquido di raffreddamento, utile ad alimentare singolarmente ciascun radiatore.
Il sistema di aspirazione è lamellare con immissione direttamente nel cilindro alle spalle dei travasi posteriori e sotto il nuovo pistone dotato di un singolo segmento a coltello, in luogo dei due adottati in precedenza. Rispetto al modello ’85, la cassa filtro fu realizzata di maggior volume, la frizione passò da sei a sette dischi guarniti, i cerchi si colorarono d’oro con mozzi neri come il gruppo propulsore. Il carburatore è il Keihin PJ 04, molto probabilmente portato a 36 mm in fase di elaborazione del motore. Un classico dell’epoca.
Per la sua CR 125R di serie dell’86 Honda dichiarava 34,5 CV a 11.500 giri e una coppia di 22,0 Nm a 10.000 all’albero motore. Noi di Motocross ai tempi registrammo, invece, 31,78 CV a 11.250 giri e 17,75 Nm a 10.500. Il peso secondo Honda di 87 kg venne da noi rilevato a 88,5 kg in ordine di marcia e senza benzina. Di cui 42,5 sulla ruota anteriore e 46 su quella posteriore.
Più che per il colore rosso fuoco, la nuova CR 125R ’86 si fece notare per la purezza delle sue linee. Il serbatoio da 6,5 litri è ben raccordato ai convogliatori con ampie feritoie per la dissipazione dell’aria calda proveniente dai radiatori, inoltre presenta il fianco sinistro più profondo verso il basso, dove avviene il pescaggio del carburante, rispetto a quello destro, obbligato a dare spazio alla pancia dell’espansione. Che nel caso della moto di O’Show era ufficiale HRC con terminale di scarico invece originale.
Se le imprese sportive di Johnny O’Mara gli assicurarono un posto speciale fra i grandi del Motocross Americano, quella “sua” CR 125R HRC del Nazioni di Maggiora se ne meritò uno al Museo Honda di Torrance, in California.
Al mondo esistono moto che hanno una storia da raccontare. Pochissime di quelle storie, però, diventano leggenda.
(Images Olivier de Vaulx)