RYAN VILLOPOTO. NON CAMBIEREI NULLA
Fare quattro chiacchiere con Ryan Villopoto quando ce n’è l’occasione è sempre un vero piacere. Da ex campione tra i più vincenti della storia del motocross americano, il suo punto di vista sul nostro sport è ogni volta attento e critico nella giusta misura. Alla gara di apertura dell’AMA Pro Motocross al Fox Raceway di Pala, in California, Villopoto – che di titoli outdoor ne ha vinti ben cinque – non poteva certo mancare.
“C’è sempre una bella atmosfera alla prima di National, è un piacere esserci tornato. Vivendo a Newport Beach, è la gara più vicina a casa mia, ho colto l’occasione per stare qualche giorno con la mia famiglia all’aperto. È bello poter vivere questa esperienza coi miei figli. Se un giorno vorranno correre in moto per fortuna non dovranno patire come ho fatto io. Potremmo farlo in modo diverso. Mio padre spendeva ogni singolo quattrino sudato col suo lavoro per farmi correre. Ma se si vuole essere bravi in qualcosa, bisogna prenderla molto sul serio, perché i soldi non sono tutto. Ci vuole anche tanto impegno. Essendo partito dal basso so bene cosa ci vuole per arrivare in cima”.
La prima volta che ti ho visto alla Loretta Lynn nel 2002 nessuno sapeva chi fossi. Ho dovuto chiedere di te a Jimmy Button.
“All’epoca avevo un buon supporto con Yamaha. Nel 2003 sono passato al Team Green e da lì il percorso è stato quello di sperare di passare sotto la tenda Pro Circuit. È stato il punto di partenza della mia carriera da professionista. Nel 2006, 2007 e 2008 c’erano molte altre possibilità, ma all’epoca il Pro Circuit era, ed è tuttora, l’apice della carriera di ogni pilota e ho avuto la fortuna di farne parte. Non ero un prodigio, una volta arrivato non mi sono adattato subito a quell’ambiente, ho dovuto lavorare parecchio. Ora le cose sono molto più evolute e si ingaggiano ragazzi molto giovani. Alcuni addirittura quando sono ancora in Supermini o in 125. È l’evoluzione dello sport.
Anche questi ragazzi danno tutto quello che hanno, non posso dire nulla. Credo solo che tra me e Ricky ci sia stata una mentalità diversa, un po’ più vecchia scuola rispetto a quella di oggi. Ovviamente, dei tre anni con il Team Pro Circuit ho molti bei ricordi. Il 2007 è stato un anno positivo, Ben Townley nera il mio compagno di team. Eravamo giovani e anche un po’ stupidi. Se dovessi dire quali sono stati i miei anni più divertenti da professionista, direi proprio quelli con Pro Circuit. Nel 2009 sono passato alla 450 e ho dovuto fare la gavetta. La situazione è diventata più seria, la pressione è aumentata e in proporzione anche i soldi. Sono diventato di colpo adulto”.
Anche in giovane età, le pressioni da affrontare in questo mondo sono molte, non è vero?
“È così. Prendi ad esempio RJ Hampshire. Ha vinto il Supercross costa ovest a 28 anni. È stata una stagione fenomenale per lui, ma il suo percorso è stato completamente diverso dal mio. Mentalmente è molto più maturo e affronta le pressioni in modo diverso rispetto a chi ha 21 anni, come li avevo io quando sono passato in 450. Ho dovuto far fronte a molte difficoltà in età molto giovane”.
Tutto sommato, sei soddisfatto di ciò che hai realizzato in carriera?
“Non potrei chiedere di meglio. Ci sono state alcune decisioni che forse avrei potuto cambiare. Voglio ancora bene a tutti quelli che lavorano in Kawasaki, ma forse avrei dovuto cambiare squadra per provare a fare qualcosa di diverso e forse questo avrebbe prolungato la mia carriera di qualche anno”.
Dove avresti voluto andare?
“Non so. Non c’era la possibilità di andare altrove. Nessuna cifra si avvicinava anche solo lontanamente a quella che mi offriva Kawasaki. Ma sono uno di quelli che ripensano alle cose, capisci? Ho avuto una carriera fantastica, ho guadagnato un sacco di soldi, mi sono messo in una posizione ideale per andare in pensione e poter fare oggi le cose che mi piacciono”.
Dei quattro titoli Supercross che ricordi hai?
“Direi che il primo è stato il più facile rispetto agli altri tre. Al contempo è stato anche difficile perché non avevo mai vinto un titolo nella 450. Fare qualcosa per la prima volta è sempre una grande incognita, però ripetersi per altre di fila lo è stato ancor di più. Ogni titolo si faceva sempre più tosto da vincere. Soprattutto mentalmente. Tutti ne volevano una fetta e mettersi pressione addosso sarebbe stato peggio. Anche se sai di non aver cambiato nulla e di essere migliorato rispetto agli anni passati, sei consapevole di avere un bersaglio disegnato sulla schiena”.
Cosa pensi di questo sport oggi?
“Penso sia in una posizione fantastica, con SMX, Pro Motocross e FELD che collaborano per farlo crescere sempre più. Il parterre di piloti in gara è di livello stellare, stanno facendo un lavoro pazzesco per uscire dagli schemi e mostrare personalità. Ho sentito i numeri che genera il nostro sport. L’arrivo di Triumph e Ducati ne dimostra il valore. Lo vedo in crescita. I soldi non sono cambiati di molto, ma presto lo faranno anche loro”.
Cosa hai fatto di recente?
“Ho partecipato al Campionato Mondiale 2 tempi a Glen Helen con Fasthouse. È stato bello. Nella prima manche ho dovuto togliermi di dosso un po’ di ragnatele, ma nella seconda ho fatto l’holeshot e sono riuscito a stare in testa per un paio di giri, finendo poi terzo. Ero entusiasta. A Glen Helen abbiamo anche organizzato un evento bLU cRU molto divertente. Lavorare con la Yamaha è stata una vera manna. Lo sport è duro, ma ho avuto una grande carriera. Non cambierei nulla”.