Bravo Sunderland, il calcolatore Ma quanti quesiti rimangono aperti su questa Dakar
di Martino Bianchi
No, questo non è un flashback. Anzi. Attualità fresca fresca. Pensieri che invadono la mia mente e che butto giù così come mi vengono senza un ordine. Mi riferisco alla 44.esima edizione della Dakar che si è appena conclusa con l’arrivo odierno a Jeddah in Arabia Saudita, da dove era partita il 1° di gennaio. Complimenti a Sam Sunderland che ha vinto la sua seconda Dakar dopo quella conquistata con KTM nel 2017. Questa volta vinta con la rossa del Gruppo Austriaco, la Gas Gas. Bravo, sicuramente bravo. Molto calcolatore, veloce nelle tappe che contavano e anche un po’ fortunato. Sì perché se non hai un pizzico del fattore C. la Dakar non la vinci. Però mi rimangono una marea di quesiti aperti e sicuramente non solo a me. Primo tra tutti cosa ci avrà capito la gente comune. Il risultato rispecchia l’andamento delle 12 tappe disputate? Hanno capito come è possibile che Sanderland nella tappa 10 abbia perso circa 11 minuti e poi nella tappa successiva sia tornato al comando della gara? Poi chiederei a Van Beveren perché non si sia confrontato con suo cognato Sam (ok non sono compagni di squadra…), su che strategia fare proprio nella tappa 10 in cui rispetto ai big in classifica non ha rallentato abbastanza per partire indietro nella tappa 11! E a Walkner chiederei come ha fatto a sbagliare a contare quanto tempo fermarsi sempre nella tappa dieci dove ha perso 15 minuti, troppi per mantenere una seconda piazza in classifica assoluta che era alla sua portata senza quell’errore. Poi a Benavides chiederei come si sente di aver lasciato Honda, che si è dimostrata la moto più affidabile e veloce del gruppo e con cui ha vinto la passata edizione, per salire su KTM che l’ha tradito con la rottura del motore proprio mentre stava per sferrare anche lui la strategia giusta nella fatidica tappa 10. Dai tecnici di KTM mi piacerebbe sapere quale sia stato il problema avuto sul motore di Benavides, e cosa abbia patito il nostro Petrucci in alcune tappe, carico a molla per metà gara, malgrado non sia stato in grado di cambiare un fusibile. Troppe domande mi sorgono. Vado avanti. Il cavallo pazzo Sanders, il mio favorito della vigilia, tanta manetta e poca testa. A lui chiederei come ha fatto a non vedere il “U”turn sul tratto d’asfalto in trasferimento dove è caduto rompendosi il braccio. E poi al team Honda capitanato da Barreda, seguito da Brabec e Cornejo, come hanno fatto a perdere oltre 40 minuti nella tappa 1b, tappa che è costata tutto l’andamento della gara che hanno dovuto interpretare solo a rincorrere. Mentre Quintanilla decidendo di partire indietro, dopo aver scelto di spingere a tutta nel prologo, ha scelto l’opzione “no risk”, e si è meritato un secondo posto finale importante, reo solo di non aver rallentato un pochino di più nella tappa 10, per poter partire dietro a Sunderland. Se avesse atteso a tagliare il traguardo tre minuti in più, probabilmente la vittoria sarebbe stata sua. E poi continuando col team Honda chiederei come si sente Barreda che malgrado continui a vincere tappe, a cadere, a rialzarsi da eroe, non sia riuscito anche quest’anno a salire sul podio di una Dakar dopo ben 12 apparizioni e a non migliorare la quinta posizione, sua miglior prestazione già ottenuta nel 2017…
Ho quasi finito di pungere…. Mi rimangono le domande agli organizzatori di quello che è rimasto solo il nome della gara storica “Dakar”. Come hanno pensato di far correre la tappa 6, quella su cui il giorno precedente hanno corso auto e camion, alle moto e poi interromperla al km 100 per impraticabilità del percorso? Eppure, sanno bene come si distruggono i percorsi dopo il passaggio dei mezzi pesanti. Ma ancor più pungente ad ASO domanderei come pensano di far ritornare il romanticismo, l’avventura e lo spirito Dakariano in una gara che ha ormai perso tutto questo e che è rimasta solo competizione allo stato puro, forse anche fin troppo esasperata?
Cercherò di rispondere a queste e a molte altre domande che mi sono scaturite seguendo giorno per giorno l’andamento della Dakar da casa, ma stando a stretto contatto con alcuni dei protagonisti in loco, sul prossimo numero di Motocross di febbraio.
In ogni caso …. complimenti Sam! Well done.