La nuova alba del sol levante
di Fabio de Lorenzo
Pala, (California) domenica 28 maggio. L’evento più atteso del 2022 non ha deluso le enormi aspettative e soprattutto, come era ampiamente prevedibile, ha calamitato l’attenzione di tutti gli appassionati. In questa breve disquisizione mi dedicherò ad evidenziare un fatto che sta passando quasi inosservato. Nonostante le miriadi di dichiarazioni che provengono dagli insiders giapponesi, inerenti al pochissimo interesse delle case motociclistiche a sviluppare motori endotermici per il motorsport, le recenti dimostrazioni di forza e soprattutto il fiume di denaro che incessantemente viene sversato nell’impulso alle categorie promozionali dello sport professionistico, narrano una storia diversa. Recentemente, a fronte di decine di anni di supremazia del granitico gruppo austriaco, c’è stata una poderosa inversione di tendenza.
Mutuando un modo di operare che aveva spinto l’industria giapponese ai margini del podio, alcune delle quattro sorelle nipponiche, hanno investito nella creazione di un vivaio dal quale attingere ed hanno reclutato le eccellenze in continenti lontani. Un esempio per i due mercati più importanti? In Europa Yamaha ha gettato le basi dell’attuale successo, che adesso le consente di vantare team e piloti in grado di lottare per l’iride, con un programma iniziato almeno cinque anni fa quando ben pochi sarebbero saliti sulle loro moto. Senza dimenticare il progetto minicross che li vede supportare l’attività di base con un seguitissimo trofeo monomarca in occasione del mondiale motocross. Dall’altra parte dell’oceano Honda ha costantemente scandagliato i campionati nazionali planetari fino a reclutare la migliore gioventù, leggasi fratelli Lawrence. Inoltre la casa dell’Ala Dorata, anche se in tono decisamente più dismesso, non ha mai interrotto il supporto ai giovani e autoctoni top gun dei quali Chase Sexton è l’attuale team leader. I risultati sono abbastanza evidenti e nello scorso week end i podi ne hanno certificato la bontà della scelte operate.
A fronte di questo minuzioso lavoro di scouting e progettazione a lunga gittata, chi doveva “semplicemente” mantenere lo status quo ha probabilmente peccato di superbia. Le recenti affermazioni del management austriaco riguardo alla necessità di tornare ai fondamentali, ovvero investire sui giovani da crescere, lascia a tratti stupiti. Se è assolutamente certo che hanno creato in ambedue i continenti una perfetta macchina capace di generare, alimentare e rendere vincenti buoni piloti, è altrettanto vero che la loro storia narrava di scelte audaci capaci di cambiare le prospettive nel lungo periodo. Sarebbe ingiusto non dare evidenza alla qualità e alla quantità del loro operato che però nell’attuale breve periodo non ha prodotto i risultati attesi. Opinabile? Forse no perché se a fronte del normale turn over del campione del mondo nessuno può sperare di imporre un strategia atta a dominare a tempo indefinito, alcune scelte forse non sono state delle più avvedute. Fare un piccolo sforzo di memoria ci aiuterà a ricordare come la pratica di investire sul più forte, anche a campionato iniziato, sia stata la normale prassi. Cito un solo nome, Marvin Musquin. Per quanto concerne la new age, solo un doveroso ricordo dedicato a Rene Hofer, atleta dal futuro radioso purtroppo scomparso, come ultimo pilota “cresciuto” fin dalla giovanissima età in sella moto del gruppo austriaco. E poi sempre scommesse su giovani atleti già affermati o appena arrivati sotto i riflettori del boccascena. Esprimendo un parere personale, talvolta forse forzando la mano verso squadre troppe impegnative con reali possibilità di “bruciare” i ragazzi…
Per un concatenarsi di eventi sfortunati, tutto questo non è stato sufficiente nel 2022 e allora per salvare il salvabile è tornata in auge la vecchia generazione. L’infortunio di Jeffrey Herlings (e anche di Febvre) non solo ha piegato le gambe al promoter del mondiale, ma ha lasciato KTM ,nel primo anno del forte ridimensionamento del gruppo austriaco, senza un pilota al via in sella alla 450 campione del mondo. Non lasciando niente di intentato, la prima scelta dopo il disastro, è stato lui; “la leggenda” detentore di nove campionati del mondo. Il quale probabilmente indispettito per essere stato quasi costretto ad una pensione anticipata per l’affaire Prado, ha gentilmente declinato dando finalmente vita ad un sogno che ha rincorso per diciotto anni; il campionato outdoor americano.
Così si è completato il quadro che tutto sommato ha generato un invidiabile cono di luce sul gruppo. Sono diventati buoni, anzi ottimi Ryan Dungey e Tony Cairoli con tutto il rumore mediatico annesso. Roger De Coster ha gradito e sibillinamente ha riferito che il risultato acquisito non è sufficiente, dimostrandosi come consuetudine il più lucido del panorama mondiale. Come al solito fatemi sapere cosa ne pensate! Alla prossima settimana 😉
(Image MXGP, KTM, HRC, Promotocross)