La TGM e Rinaldi
di Edoardo Pacini
In Italia, più o meno negli stessi anni, s’è sviluppato un microcosmo di piccole imprese che assembla enduro e motocross, dandosi battaglia nei campionati locali e persino nel mondiale. Quasi tutte sopravvivono grazie a una più numerosa produzione enduro e nel mondiale MX poche riescono a far risultato. La TGM più di tutte e con un pilota cresciuto in casa. Michele Rinaldi è un adolescente di Parma, i genitori lo vogliono a scuola e lui non li scontenta. È pure bravino e in ginnastica – per i giochi della gioventù – a Parma c’è persino il motocross.
“Ai giochi della gioventù del ’73 ho partecipato con la mia moto: una Ancillotti 50 usata con carburatore ridotto a 15mm ed è lì che è iniziato. TGM mi ha visto e offerto di correre dal 74”.
Passione e talento, qualche risultato e ancora minorenne si ritrova in sella a una TGM ufficiale e l’intera azienda alle sue spalle. Una casa piccola, molto piccola, ma Silvano Bigna ha buon senso, umiltà e tanta passione.
“Era il mondiale ’79, Michele cominciava ad andar forte e noi si faceva del nostro meglio – dice Iller Aldini, una vita a fianco Rinaldi – ma col nostro Hiro ad aria eravamo al limite. Andava forte la Cagiva ufficiale, la prima col raffreddamento ad acqua, la guardiamo ai box col nostro importatore olandese, e lui fa “Ma io lo conosco quel cilindro: è un Noguchi, un kit giapponese per la Yamaha. Ci penso io”. Ordina un kit, andiamo in officina, bisogna cambiare l’albero da 54 mm perché Noguchi è fatto per Yamaha, alesaggio e corsa 56×50,6 mm, bisogna mettere una pompa dell’acqua ma il motore vien pronto in fretta, va forte. Silvano (Bigna, nda) mette la scatola Noguchi del kit nel furgone e andiamo subito a correre. In TGM era così, quel che si provava se funzionava meglio lo si collaudava in gara. Quel motore andava forte, più o meno come quello Cagiva, e a fine gara vedo Silvano che prende la scatola, va verso un bidone della spazzatura vicino alla tenda Cagiva e mette la scatola proprio lì, in bella vista… i loro “segreti”.
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