VALENTINO RIBI. ROBA DA CINEMA (prima parte)
di Walter Barbin
La storia del geniale appassionato di motori le cui invenzioni hanno avuto un peso straordinario nella storia. Un solo credo: “Trasgressione contro i pregiudizi tecnologici”. La forcella a quadrilatero deformabile e non solo…
La prima volta che avvicinai una forcella a quadrilatero deformabile la vidi montata sul prototipo Honda RC 125 del 1981, esposta alla Honda Collection Hall di Motegi. Feci una ricerca sul web per avere qualche notizia in più, ma riuscii solo a recuperare qualche immagine correlata da descrizioni dai toni “leggendari”. La forcella fu solamente uno dei tanti brevetti ideati dalla geniale mente del fisico svizzero/genovese.
Partii con le mie ricerche da Genova, dove tutto ebbe inizio. Dopo un primo colloquio con Marco Ferretti, suo meccanico fidato, feci una lista di persone che avrei dovuto contattare per rendere più chiari i contorni di questa storia. Tra questi nomi, c’era Stefano Henry, l’ingegnere che collaborò con Valentino nel periodo in cui la forcella passò dalla carta alla pista. Stefano fu subito molto disponibile e organizzò un incontro con Leon, il fratello di Valentino. Più mi addentravo nella storia, e più la cosa si faceva affascinante. Stavo chiedendo agli interessati, di andare indietro con la memoria facendo riaffiorare dei ricordi vivi, appenda sbiaditi dal tempo.
Dovevo raccogliere le indicazioni ricevute e dare loro una struttura cronologica. Quando presi contatto con i piloti e gli addetti ai lavori che lo conobbero, mi diedero la massima disponibilità perché Valentino “era un amico”, una persona disponibile e dall’intelligenza fuori dal comune. Le indicazioni riportate in questo articolo sono frutto delle domande che ho fatto direttamente a Roger De Coster, Andrè Malherbe, Johnny O’Mara, Mauro Miele, Corrado Maddii, Emilio Ostorero, Francesco Villa, Roberto Boano e Paolo Badetti.
CORREVA L’ANNO
Valentino Ribi nacque nel 1945 e la sua storia è collegata a doppio filo con quella di suo fratello Leon, separato all’anagrafe solo da undici mesi. I coniugi Ribi vivevano a Genova, con altri tre figli: il primogenito Guido e le sorelle Hedy e Maria Adelaide. Quella dei Ribi era una famiglia benestante. Il nonno di Valentino era un ingegnere e fu direttore dell’Ansaldo; il papà fu uno dei primi ingegneri specializzati nel calcestruzzo e lavorò per molti anni in Svizzera.
È necessario fare questo inciso perché in casa Ribi si viveva a pane e tecnologia. Il nonno alimentò tra i figli una sana competizione con lo scopo di insignire chi fosse capace di partorire l’idea più brillante e geniale.
Durante il periodo estivo la famiglia Ribi si trasferiva in una grande casa di campagna a Casella, alle porte di Genova. Il primo passo in campo motoristico partì dalla disponibilità di una parte del garage della casa dove Valentino e Leon furono assistiti dal meccanico di famiglia e iniziarono a produrre i primi prototipi a motore. Le moto che crearono servirono a saziare la voglia di correre nei boschi e in seguito di cimentarsi nelle prime gare di motocross. I ruoli si delinearono con il passare del tempo: “Valentino crea e modifica, mentre Leon ha il compito dell’intrepido, inconsapevole e spericolato collaudatore”.
Leon ama ricordare di aver vinto una sola gara con una moto da 175 cc (motorizzata Morini Settebello) assemblata da Valentino e di essere stato il primo a testare il prototipo della forcella. Da quell’officina di Casella uscirono “mostri” a due ruote, come quello con telaio Parilla, motore da strada Sertum 500 cc e cerchi tedeschi. Probabilmente un omaggio Ribi all’Unione Europea!
Il periodo compreso tra il ‘60 ed il ‘69 cementò il legame motoristico fra Valentino e Leon, il primo più ideatore e costruttore, mentre il secondo più pilota. Alla fine di questo decennio accadde l’evento che avrebbe reso la loro storia leggendaria.
La famiglia Ribi possedeva a Genova il Cinema Star, che proiettava film in seconda visione. All’epoca il biglietto per quel tipo di spettacoli era accessibile ai più, ma la ripresa economica e la crescente diffusione dei televisori nelle case fecero calare drasticamente l’affluenza degli spettatori. I Ribi, proprietari dell’immobile, senza pensarci troppo decisero di chiudere l’attività, per la felicità di Valentino e Leon che nel frattempo era diventato un apprezzato pittore.
La spartizione fu fatta. Valentino collocò in platea le sue macchine utensili per avere una grande officina, organizzò una sala prove insonorizzata per testare i motori e ricavò lo spazio per dare sfogo alla sua inventiva. Leon si accaparrò la galleria utilizzandola come studio di pittura e atelier per esporre le proprie opere. Il Cinema Star, in quegli anni, divenne un noto luogo di ritrovo dove era possibile incontrare piloti famosissimi e personaggi del jet set.
A metà degli Anni ‘70 la mente vulcanica di Valentino si concentrò sui ragionamenti legati ad una nuova sospensione anteriore con un sistema totalmente differente da quelli visti fino ad all’ora. Correva l’anno 1975 e da qualche tempo in Valentino “frullava” l’idea di applicare alla sospensione anteriore da moto un sistema a “quadrilatero deformabile”. L’ispirazione arrivò osservando il movimento delle gru del porto di Genova (così narra la leggenda). Valentino si buttò a capofitto a lavorare con il tecnigrafo nella casa di Bogliasco. In questo periodo fece la sua comparsa Paolo Badetti, giovane appassionato e in seguito pilota/collaudatore di cross di buon livello.
Dice Leon: “Paolo Badetti, ora apprezzato e affermato architetto, iniziò a frequentare la pista di Bavari all’inizio degli Anni ’70. Con il passare del tempo Valentino lo prese in simpatia e, vista la sua inclinazione per il disegno tecnico, lo coinvolse a tracciare qualche riga sul tecnigrafo di Bogliasco. Quando venni in possesso della foto del suo test di Caraglio, vidi sul retro le preziosissime indicazioni legate a quella giornata: data, tipo di moto, luogo, condizioni meteo. Fu lo stesso Badetti a scriverle. Paolo mi disse che aveva un’agenda dove ordinatamente annotava quanto faceva nel corso dei test: le caratteristiche del terreno, la moto utilizzata e altri dettagli. Badetti disegnò alcuni particolari meccanici per la Filtri Riuniti, azienda in società tra Valentino e il fratello Guido, dove venne scattata in anteprima la famosa foto della Villa 250 con la forcella Ribi in alluminio. La sua collaborazione con Valentino cessò nel 1978 a seguito della morte del padre, evento che fece perdere a Paolo l’interesse per il motocross”.
Ribi ritagliò da un cartoncino tutti i componenti della forcella disegnati in scala. Li unì con dei fermacampioni (una coppiglia da cartoleria, con la testa larga e piatta), per valutarne i movimenti a seguito delle sue sollecitazioni. Una sorta di simulazione con il CAD dei giorni nostri.
Valentino consumò tanta china, carta e fece quaderni pieni di calcoli per arrivare a trasferire nel mondo reale la sua creatura. Nel 1976 si affidò ad una fonderia di Cornigliano per realizzare due esemplari completi in alluminio: realizzò i particolari ricavandoli attraverso fusione in terra. Ribi era soddisfatto del risultato, i particolari erano molto belli anche se ancora grezzi. Non rimaneva che testarli in pista. Valentino volle collaborare con chi aveva una spiccata tendenza a sperimentare qualcosa di nuovo. Entrò in contatto con un vulcanico costruttore di moto di Modena molto attento alle nuove tecnologie. La persona in questione era Francesco Villa.
Leon: “Francesco Villa aveva conosciuto Valentino sui campi di gara: tra i due ci fu subito sintonia. Ribi sapeva che era l’unico che potesse appoggiare il suo progetto fuori dagli schemi. Francesco mise a disposizione le sue moto e la sua esperienza. Dopo il Salone del 1977 le loro strade si divisero ma il loro rapporto rimase ottimo”.
Incontrando le persone che lo conobbero, mi sono reso conto che Valentino frequentava principalmente uomini dal particolare profilo umano e tecnico professionale con cui creava una forte connessione. Questo era fondamentale per ricevere gli input necessari ad alimentare la sua smodata voglia di conoscenza, per creare o per modificare le sue invenzioni. Da parte sua, il Cinema Star e le attrezzature all’interno erano a disposizione dei suoi amici.
Francesco Villa gli mise a disposizione una CR 250, su cui montare la forcella in fusione di alluminio. Fu quello il momento della verifica “vera”, dopo le tante simulazioni tra il tecnigrafo e il modello in cartone. Valentino e Leon partirono alla volta della pista di Cassano Spinola, in provincia di Alessandria, abbandonando per motivi di privacy la più comoda pista di Bavari. Fecero un primo turno a velocità moderata. In quell’occasione indossarono un abbigliamento piuttosto informale, più vicino a quello di un meccanico che a un pilota di motocross: tuta blu di cotone, stivali di gomma e casco jet. Fino a un certo punto i riscontri furono positivi, ma verso la fine del test Leon fu preso da un impeto di euforia e fece un salto a velocità sostenuta. Al momento di atterrare con la ruota anteriore i due bracci principali cedettero e Leon diede una sonora facciata a terra. Valentino raccolse i pezzi della forcella del suo intrepido collaudatore e tornò nel cinema per analizzare le cause del cedimento e quali modifiche apportare.
Il responso dell’analisi evidenziò che la rottura era conseguenza di alcune “soffiature” della fusione e da una debolezza strutturale dei due bracci principali. Valentino insieme all’ingegner Stefano Henry cercò il modo più veloce per rimettere in pista la sua forcella, meno bella esteticamente, ma che potesse resistere nei test e dare le indicazioni volute.
STEFANO HENRY
L’ingegner Stefano Henry era pilota e frequentatore della pista di Bavari, dove conobbe i fratelli Ribi nei primi Anni ‘70. Valentino sapeva che Stefano, persona ferma e riflessiva, si stava laureando in ingegneria. Un giorno al bar, dopo l’allenamento a Bavari, Valentino si avvicinò a Stefano e gli disse: “Che ne dici di venire a lavorare con me?”.
Ribi aveva necessità di un tecnico fidato a cui delegare i calcoli di resistenza della struttura e della traiettoria, e di una persona in grado di frenare la sua esuberante inventiva. Per i preziosi calcoli della traiettoria Henry utilizzò quello che la tecnologia poteva offrire: una calcolatrice scientifica programmabile TI – 59, con il display dai numeri rossi! La loro collaborazione iniziò a rallentare dal 1979 quando decise di cogliere l’opportunità di avere un posto sicuro all’Ansaldo. Il rapporto tra i due si chiuse del tutto dopo la vendita del brevetto.
Senza quella rottura a Cassano Spinola probabilmente Ribi si sarebbe presentato al Salone già nel 1976. Valentino si ingegnò trovando la soluzione più rapida per allestire nuovamente la Villa 250. Prese una forcella tradizionale a cui tolse tutto tranne le piastre e gli steli che vennero modellati per ricopiare la “piega” dei bracci principali in alluminio. Gli snodi vennero saldati all’estremità inferiori, mentre per la parte del carro inferiore utilizzò quella della fusione in alluminio ancora integra. Con quell’accorgimento Valentino allestì una Villa CR 400 di proprietà di Roberto Boano.
ROBERTO BOANO
Roberto Boano era pilota nel Mondiale di Motocross e collaudatore di Francesco Villa; per un brevissimo periodo lo fu anche per Valentino. Incontrò Ribi sui campi di cross, dove scambiava indicazioni sulla ciclistica e sulle possibili regolazioni. Furono pochissime le uscite con la Ribi, perché saltando quella di Caraglio per malessere, gli impegni delle corse gli impedirono di approfondirne gli aspetti tecnici.
(fine prima parte. Images Davide Messora, Famiglia Ribi)