Considerazioni (in)attuali da dentro il Supercross di Parigi
L’arena de La Défense gremita per un weekend di gare manda un bel segnale. Grandi e piccoli al palazzetto per l’appuntamento storico di Parigi. Bello. Pista corta e accessibile, in cui le sezioni piú tecniche fanno da discriminante tra i bravi e i fuoriclasse.
Il weekend si sviluppa in sei manche per entrambe le classi, SX1 e SX2, con la domenica che ha un po’ il sapore di un déjà vu del sabato. Cambi la classifica, piloti ma la scaletta dello show ricalca pedissequamente quella del giorno precedente. E le poche distrazioni extra gara (del resto siamo pur sempre in Europa) hanno spostato l’attenzione su pubblico e piloti, che non deludono. Roczen, i fratelli Lawrence, Webb, Vialle, Shimoda… ci sono i top, e gli spettatori paganti lo apprezzano.
Jett Lawrence: sta diventando il metro per gli altri. Tradotto, lo strumento di misura per capire quanto forte vai. Lo é stato nel weekend di Parigi e ci sono pochi dubbi, al netto di eventi non pronosticabili, che lo sará negli anni a venire anche oltreoceano. Regala a chi lo guarda una guida che per metá entusiasma e per l’altra metá concilia la pace dei sensi: non é mai sotto pressione e sembra che non faccia fatica. Una parola. Smoothness. Aggiungi poi le doti mediatiche e una bella dose di sfacciataggine (in finale stacca tardi dopo una sezione di whoops e manda al tappeto suo fratello…): la ricetta é perfetta.
Hunter Lawrence: come il fratello, veloce e spesso in grado di tenere dietro due vecchietti del mestiere come Roczen e Webb, vincendo anche una delle sei manche. L’impressione é che gli manchi la cazzimma di Jettson. L’immagine é di un bravo ragazzo, e se questa é una nota positiva fuori dalla pista, dentro il tracciato é penalizzante. Come quando si fa passare all’ultima curva della manche del sabato da, guarda un po’, suo fratello. In ogni caso, pensando ad Anaheim, lui c’é.
Ken Roczen: l’arena gli dá affetto, lui risponde mostrando che puó stare anche davanti agli altri. Ma é imperfetto. Sale sul gradino piú alto del podio nella seconda manche della domenica, poi butta via un vantaggio importante in finale, complice il kickstart anacronistico della Suzuki, e consegna la corona di Parigi a Lawrence. Lui stesso ammette gli errori nella due giorni, ma il passo c’é, e cosí anche la speranza di rivederlo dove merita dopo una carriera in cui la sfortuna non l’ha mai abbandonato.
Cooper Webb: il grande assente. Lo avevamo incontrato qualche settimana fa e ci aveva parlato del periodo di transizione e messa a punto dopo il suo ritorno in Yamaha. Da salvare é solo la finale di domenica, in cui chiude secondo dopo le cadute di Roczen e Hunter Lawrence. Per il resto, prende un secondo al giro dai tre di testa. C’é ancora tanto da fare prima della nuova stagione.
Tom Vialle: idolo di casa. Per gran parte dei 40 secondi del giro tiene il passo di Shimoda, sulle whoops perde sistematicamente qualcosa. Work in progress.
Jo Shimoda: MVP della SX2, é lui il Prince of Paris. Quando é davanti (quasi sempre) gestisce, quando é dietro, come nella finale del sabato sera, rimonta abbastanza agevolmente. Il feeling con Honda sembra non essersene mai andato.
Tra poco piú di un mese ci si ritrova tutti in quel di Los Angeles. Stay tuned…
Image: Supercross Parigi & KTM